giovedì 16 febbraio 2012

Pillole di storia: Ma quante bufale ci hanno fatto ingoiare sul caso Galilei?

Pillole di Storia: Ma quante bufale ci hanno fatto ingoiare sul caso Galilei?

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Stando a un'inchiesta del Consiglio d'Europa tra gli studenti di scienze in tutti i Paesi della Comunità, il 30 per cento è convinto che Galileo Galilei sia stato arso vivo dalla Chiesa sul rogo; la quasi totalità (il 97 per cento) è comunque convinta che sia stato sottoposto a tortura. Coloro - non molti, in verità - che sono in grado di dire qualcosa di più sullo scienziato pisano, ricordano, come frase "sicuramente storica", un suo "Eppur si muove!", fieramente lanciato in faccia, dopo la lettura della sentenza, agli inquisitori convinti di fermare il moto della Terra con gli anatemi teologici.
Quegli studenti sarebbero sorpresi se qualcuno dicesse loro che siamo nella fortunata situazione di poter datare esattamente almeno quest'ultimo falso: la "frase storica" fu inventata a Londra, nel 1757, da quel brillante quanto spesso inattendibile giornalista che fu Giuseppe Baretti.
Il 22 giugno del 1633, nel convento romano di Santa Maria sopra Minerva tenuto dai domenicani, udita la sentenza, il Galileo "vero" (non quello del mito) mormorava ringraziamenti per i dieci cardinali - tre dei quali avevano votato perché fosse prosciolto - per la mitezza della pena. Anche perché era consapevole di aver fatto di tutto per indisporre il tribunale, cercando per di più di prendere in giro quei giudici - tra i quali c'erano autorevoli uomini di scienza chiamati da tutta Europa - assicurando che, nel libro contestatogli (uscito con un’approvazione ecclesiastica estorta con ambigui sotterfugi), aveva in realtà sostenuto il contrario di quanto si poteva credere.
Di più: nei quattro giorni di discussione, ad appoggio della sua certezza che la Terra girasse attorno al Sole, aveva portato un solo argomento. Ed era sbagliato. Sosteneva, infatti, che le maree erano dovute allo "scuotimento" delle acque provocato dal moto terrestre. Tesi risibile, alla quale i suoi giudici-colleghi ne opponevano un'altra che Galileo giudicava "da imbecilli": era, invece, quella giusta. L'alzarsi e l'abbassarsi dell'acqua dei mari è dovuta all'attrazione della Luna. Come dicevano, appunto, quegli inquisitori insultati sprezzantemente dal Pisano.
Altri argomenti sperimentali, verificabili, sulla centralità del Sole e sul moto terrestre, oltre a questa ragione fasulla, Galileo non seppe portare. Né c'è da stupirsi: il Sant'Uffizio non si opponeva all'evidenza scientifica in nome di un oscurantismo teologico. La prima prova sperimentale, indubitabile, della rotazione della Terra è del 1748, oltre un secolo dopo. E per vederla quella rotazione, bisognerà aspettare il 1851, con quel pendolo di Foucault caro a Umberto Eco. E che Galilei portò prove del tutto errate al processo è storia, inconfutabile ed incontrovertibile, tanto che addirittura il celebre filosofo della scienza Paul Feyerabend, ateo ed anarchico, si spinse ancora oltre, dicendo che “la Chiesa all’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione”.
In quel 1633 del processo a Galileo, sistema tolemaico (Sole e pianeti ruotano attorno alla Terra) e sistema copernicano difeso dal Galilei (Terra e pianeti ruotano attorno al Sole) non erano che due ipotesi quasi in parità, su cui scommettere senza prove decisive. E molti religiosi cattolici stessi stavano pacificamente per il "novatore" Copernico, condannato invece da Lutero. Oltretutto, la teoria eliocentrica (la Terra e i pianeti ruotano attorno al sole) non fu inventata da Galileo. Già Aristarco di Samo e la scuola pitagorica, secoli prima di Cristo avevano sostenuto fosse la Terra a ruotare annualmente intorno al sole. Questa teoria venne ripresa da Copernico, sacerdote polacco, morto 21 anni prima della nascita di Galileo. Se Copernico decise di pubblicare i suoi studi solo l'anno della sua morte fu per timore di essere dileggiato dai colleghi di studi, non certo da uomini di Chiesa (i papi Clemente VII e Paolo III, cui l'opera di Copernico “De Revolutionibus orbium coelestium” era dedicata), e dai quali ebbe favori e incoraggiamenti. 
Del resto, Galileo non solo sbagliava tirando in campo le maree, ma già era incorso in un altro grave infortunio scientifico quando, nel 1618, erano apparse in cielo delle comete. Per certi apriorismi legati appunto alla sua "scommessa" copernicana, si era ostinato a dire che si trattava solo di illusioni ottiche e aveva duramente attaccato gli astronomi gesuiti della Specola romana che invece - e giustamente - sostenevano che quelle comete erano oggetti celesti reali. Si sarebbe visto poi che sbagliava ancora, sostenendo il moto della Terra e la fissità assoluta del Sole, mentre in realtà anche questo è in movimento e ruota attorno al centro della Galassia. Niente frasi "titaniche" (il troppo celebre "Eppur si muove!") comunque, se non nelle menzogne degli illuministi e poi dei marxisti - vedasi Bertolt Brecht - che crearono a tavolino un "caso" che faceva (e fa ancora) molto comodo per una propaganda volta a dimostrare l'incompatibilità tra scienza e fede.

I suoi guai, del resto, più che da parte "clericale" gli erano sempre venuti dai "laici": dai suoi colleghi universitari, cioè, che per invidia o per conservatorismo, brandendo Aristotele più che la Bibbia, fecero di tutto per toglierlo di mezzo e ridurlo al silenzio. La difesa gli venne dalla Chiesa, istituzione di cui Galileo non si considerò mai avversario, come tenta di convincerci (e ci riesce) una delle più grandi menzogne che ci siano mai state propinate. Conservò la fede cattolica fino alla morte, fu amico per lungo tempo di papi e di cardinali, (il cardinale Maffeo Barberini, poi eletto Papa con il nome di Urbano VIII, fu suo grande ammiratore) e da molti religiosi fu protetto e incoraggiato nelle sue ricerche. Quando nel 1611 si recò a Roma fu molto ben accolto dal padre Cristoforo Klaus e dal Collegio Romano dei gesuiti. Fu ricevuto persino da Papa Paolo V, con il quale ebbe un lungo e caloroso colloquio. Anzi, mentre i colleghi scienziati, con in testa il famoso Cremonini, accusavano Galileo di vedere "macchie sulle lenti del telescopio", non mancava al pisano l'appoggio dei potentissimi astronomi e filosofi della Compagnia di Gesù, capitanati da san Roberto Bellarmino, generale dell'Ordine dei Gesuiti e consultore del Sant'Uffizio. E ancora, quando padre Cavini attaccherà Galileo a Firenze, nella chiesa di santa Maria Novella, lo scienziato verrà difeso dal padre Benedetto Castelli, suo discepolo e professore di matematica a Pisa, e dal maestro Generale dei Domenicani, padre Luigi Maraffi. Sarà poi il cardinale Giustiniano ad ordinare al Cavini di ritrattare pubblicamente le sue accuse e chiedere scusa. Senza dimenticare che a Napoli, un altro religioso, il padre Foscarini, pubblicava un elogio di Galileo e del sistema copernicano ottenendo anche l'approvazione ecclesiastica.

Galilei al processo


Torture? Carceri dell'Inquisizione? Addirittura rogo? Anche qui, gli studenti europei del sondaggio avrebbero qualche sorpresa. Galileo non fece un solo giorno di carcere, né fu sottoposto ad alcuna violenza fisica. Anzi, convocato a Roma per il processo, si sistemò (a spese e cura della Santa Sede), in un alloggio di cinque stanze con vista sui giardini vaticani e cameriere personale. Dopo la sentenza, fu alloggiato nella splendida villa dei Medici al parco del Pincio, accanto alla leggiadra chiesa di Trinità dei Monti di piazza di Spagna. Da lì, il "condannato" si trasferì come ospite nel palazzo dell'arcivescovo di Siena, uno dei tanti ecclesiastici insigni che gli volevano bene, che lo avevano aiutato e incoraggiato e ai quali aveva dedicato le sue opere. Infine, si sistemò nella sua confortevole villa di Arcetri, dal nome significativo "Il gioiello".
Non perdette né la stima né l'amicizia di vescovi e scienziati. Non gli era mai stato impedito di continuare il suo lavoro e ne approfittò difatti, continuando gli studi e pubblicando un libro “Discorsi e dimostrazioni sopra due nuove scienze” che è il suo capolavoro scientifico. Né gli era stato vietato di ricevere visite, così che religiosi e i migliori colleghi d'Europa passarono a discutere con lui, oltre a illustri personaggi come Hobbes, Torricelli e Milton. Presto gli era stato tolto anche il divieto di muoversi come voleva dalla sua villa. Gli rimase un solo obbligo: quello di recitare una volta la settimana i sette salmi penitenziali. Questa "pena", in realtà, era anch'essa scaduta dopo tre anni, ma fu continuata liberamente da un credente come lui, da un uomo che per gran parte della sua vita era stato il beniamino dei Papi stessi e che, ben lungi dall'ergersi come difensore della ragione contro l'oscurantismo clericale, come vuole la leggenda posteriore, poté scrivere con verità alla fine della vita: "In tutte le opere mie, non sarà chi trovar possa pur minima ombra di cosa che declini dalla pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa".
Morì a 78 anni, nel suo letto, munito dell'indulgenza plenaria e della benedizione di niente di meno del Papa, segno che la Chiesa non lo considerava certamente un avversario né lui considerava tale la Chiesa. Era l'8 gennaio 1642, nove anni dopo la "condanna" e dopo 78 di vita. Non aveva figli maschi, ma solo due figlie, che erano entrambe suore (anche questa prova della profonda religiosità presente in famiglia Galilei), e di cui una raccolse l’ultima parola paterna. Fu: "Gesù!".
Che poi la Chiesa non era ciecamente ostile alla teoria eliocentrica in sé è confermato dal fatto che appena questa fu esattamente dimostrabile scientificamente, Papa Alessandro VII ritirò il decreto di condanna agli scritti di Galileo mentre, a gloria ed onore dello scienziato cattolico, la Chiesa faceva erigere uno splendido mausoleo nella chiesa di Santa Croce in Firenze in cui ancora oggi è seppellito, insieme ad altri grandi dell’Italia come Michelangelo, Foscolo, Rossini, Alfieri, ecc.   

In occasione della visita di Papa Wojtyla a Pisa, un illustre scienziato, su un cosiddetto "grande" quotidiano, ha deplorato che Giovanni Paolo II "non abbia fatto ulteriore, doverosa ammenda dell'inumano trattamento usato dalla Chiesa contro Galileo". Se, per gli studenti del sondaggio da cui siamo partiti, si deve parlare di ignoranza, per studiosi di questa levatura il sospetto è la malafede. Quella stessa malafede, del resto, che continua dai tempi di Voltaire e che tanti complessi di colpa ha creato in cattolici disinformati. Cattolici ignari del fatto che a finanziare le ricerche a Galilei fu proprio la Chiesa, come fece in innumerevoli occasioni nel corso della storia, dal genio di Leonardo da Vinci al Nobel di Guglielmo Marconi; ignari che un francescano come Roberto Grossatesta ed un biblista come Namanide avevano già teorizzato il Big Bang nel XII secolo; ignari che ad aprire l'Istituto di Scienze nell'università più antica del mondo fu proprio un papa, Benedetto XIV, che vi fece aprire le cattedre di matematica superiore, meccanica, fisica, algebra, ottica, chimica e idrometria, e lo arricchì con doni di materiali scientifico della propria biblioteca personale; ignari che le teorie scientifiche moderne sono legate alla scuola francescana di Oxford, e a frati come Ruggero Bacone; che Giovanni Buridano, francescano medievale, teorizzò la dottrina dell'impetus, anticipatrice del principio di inerzia, con cui si confutava l'insegnamento aristotelico sulle intelligenze motrici dei cieli, aprendo la strada all'astronomia moderna; ignari che Copernico era un sacerdote polacco, prete come lo era Gregor Mendel, il padre fondatore della genetica; ignari che ad inventare il sistema del link sul Web è stato lo scienziato e padre gesuita Roberto Busa; ignari che colui che ideò la teoria del Big Bang fu il prete gesuita Georges Lamaitre;  o che la Pontifica Accademia delle Scienze vanta tra le sue file -e come nessun altra al mondo- il più alto numero  (45) di scienziati premi Nobel; ignari che fu proprio un gigante come Einstein a dire: "Non riesco a concepire un vero scienziato senza una fede profonda. La situazione può esprimersi con un'immagine: la scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la scienza è cieca". Ma chi toglierà dalla mente degli studenti il sentimento anticattolico? Nessuno. Ed è ancora lo stesso Einstein che si viene incontro, spiegandoci che "è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio". 

Immagine di repertorio della protesta degli studenti alla Sapienza contro la visita -poi annullata- di Papa Benedetto XVI.   Ragazzi, il cui tempo impegnato nella guerra anticattolica, non permette neppure di studiare la grammatica italiana: i "NE" senza accento nella foto ne sono testimonianza. 

A questo indirizzo è possibile visionare un brevissimo servzio del tg 2 di un minuto e mezzo che riassume proprio il sunto dell'articolo:   Il Tg 2 riassume la confusione del caso Galilei  http://www.youtube.com/watch?v=oScCEBqIn3Q&noredirect=1

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