domenica 31 luglio 2011

recensione del libro di Denise Camilloni: DALL'ALBA AL TRAMONTO

pubblicata da Michel Upmann
 
Ho letto diverse recensioni sul libro della Camilloni, è nessuno si è addentrato, tutti iniziano con una frase ripetuta che nulla poi alla fine vuol dire: Può l'amore decidere di condurci per strade impervie, dove gli errori commessi altro non alimentano che il desiderio dell'autenticità del sentimento? Cosa vuol dire, ma cosa vuol dire l’autrice Denise Camilloni che sicuramente ci racconta una storia d’amore con un suo sarcasmo particolare, una delicatezza nello scrivere e nell’applicare una fantasia, che mostra si il suo lato romantico ma anche spietato dell'amore che non guarda in faccia a nessuno. Il romanzo getta un ponte sulle distanze dell'impossibilità di riallacciare storie e il tempo ti fa perdere i contatti che magari vorresti tenere… o magari no, dove i sogni e le attese più irrealizzabili possono, in qualche modo, rendersi disponibili, oppure riportarti alla realtà e darti cocenti delusioni. Crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose. Non è quella che si insegue a vent'anni quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi, ma alla fine non sei altre che una pedina mossa dal destino.
La felicità non è quella che affannosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente; non è quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari.
La felicità non è quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose.
E impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve. E impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi, e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri, mentre accanto hai la donna o l’uomo che ti ama e che ti guarda con unici occhi come l’ho io e che sto provando una nuova sensazione a scrivere questa recensione.
E impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei  minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore, e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccoli attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi. E impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami.
E impari che c'è felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'è qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c'è nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità. E impari tutto dall’alba al tramonto.
Michel Upmann

mercoledì 27 luglio 2011

L'incontro del giorno: Alberghini e Folena

Ieri a Roma, in maniera informale, si sono incontrati Claudio Alberghini di ADR Family e Pietro Folena Presidente di MetaMorfosi conosciutissimo per il suo grande contibuto culturale nelle scorse Legislature, uomo di spessore sociale della "Sinistra Eletta" italiana.
Folena ha accolto Alberghini nel suo studio di Via dei pastini a Roma si sono parlati ed hanno discusso di come ADR Family è diventata leader della mediazione civile in Italia, un gruppo forte, uomini di varia estrazione, e sensibilità dal commerciale a tecnici ad informatici si sono uniti. E' nata ADR centro di mediazione  autorizzata dal Ministero della Giustizia ed anche ADR centro di Formazione sempre autorizzato dal Ministero di Giustizia.
Folena uomo pragmatico ci ha visto bene, ed ha anche detto che il progetto è molto interessante, Alberghini dal canto suo ha svelato a Folena l'imminente nascita della fondazione Alberghni dedicata a "Babbo Guido", quindi cultura, arte e sociale che si fondono, e qui che con la sua preparazione tecnica e con la sua Associazione culturale MetaMorfosi, Folena ha dato piena disponibilità.

Michel Upmann

SI E' RIUNITA LA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO PER L'AFFIDO CONDIVISO

(Claudio Alberghini di ADR e Pietro Folena  Presidente di Metamorfosi e grande uno della Sinistra Italiana)

SI E' RIUNITA LA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO PER L'AFFIDO CONDIVISO

pubblicata da Michel Upmann il giorno mercoledì 27 luglio 2011 alle ore 10.54
La commissione si è riunita ieri sera (ndr 26/07) al Senato, per iniziare le procedure sulla inapplicabilità dell'affido condiviso.
In parole povere, la Legge c'è , ma i magistrati non la applicano, una madre allo stato attuale è più avvantagguiata dal padre, che come dichiarato nei vari interventi, sono pochissimi i casi in cui viede affidato in maniera condivisa il minore.
Il Presidente della Commissione, Dott. Maritati Alberto è riuscito a gestire una assemblea che man mano andava avanti si è scaldata per i contenuti e per le posizioni.
Come nel gioco degli scacchi le associazioni di vario stampo si sono posizionate all'attacco, mentre le torri della magistratura sono state poste sotto attacco. Le posizioni di questi ultimi pur comprendendo i giochi, i lacci e laccioli, dovranno aprirsi alla novitò. L'associazione Figli per i Figli, invece, nel loro intervento hanno chiesto ad alta voce di voler e poter passare più tempo con il genitore "penalizzato" e che venga data la possibilità che il letto del "babbo" sia uguale a quello dei nonni, degli zii ecc. Perchè la redidenza del Padre deve essere considerata di serie B? nell'esposizione, l'Avvocato Cattò figlia di genitori serparati, oltre un'interessante intervento, ha messo dentro la discussione anche il suo stato d'animno che poi è quello dei Figli di separati.
L'associazione Adiantum (cui era presente anche Claudio Alberghini), è intervenuta fortemente sull'aspetto giuridico e ha portato alla commissione decine di studi autorevoli che confermano contrariamente le decisioni prese dai magistrati italiani. Studi che confermano che non vi è incidenza alcuna se i ragazzi hanno doppia residenza, non parliamo di quantità, ma di qualità del tempo passato. la disapplicata Legge 54  grazie all'interessamento della Commissione e della relatrice On. Senatore Galloni.
Interessante anche l'intervento della Dottoressa Marina Lucardi della SIMeF che si è sicuramente distinta per la diplomaticità. Anche l'Associazione Gea tramite la dottoressa Chiara Vendramini se pur nel breve intervento di pochi minuti, è entrata nel cuore del discorso.

Michel Upmann 

domenica 24 luglio 2011

Norvegia, almeno 92 morti nelle due stragi, Il killer ai giudici: "Atto atroce ma necessario" Era un Massone

I testimoni: "Sparava a tutti, anche a chi si fingeva morto". Il premier: "Tragedia nazionale"

Si aggrava il bilancio, ancora provvisorio, del duplice massacro di Oslo e della vicina isoletta di Utoya. I morti sono 92, ma almeno quattro persone sono disperse. A mettere in atto l'attacco, la più grave tragedia in Norvegia dalla Seconda Guerra Mondiale, non è stato il terrorismo islamico, come era stato ipotizzato in un primo momento, ma il fanatismo del 32enne Anders Behring Breivik, che ha confessato, era appartenente ad una Loggia Massonica e nulla centrano i cattolici ed i cavalieri templari. 
Bianco, biondo,  con simpatie di estrema destra, iscritto a una loggia massonica e con avversione per l'islam e la società multiculturale, ma la falsità più grande è pensare e mischiare i massoni con i cattolici templari, atto che tra l'altro lo stesso papa benedetto XVI ha ratificato l'atto di scomunica a cattolici che si avvicinano alla Massoneria, Breivik ha detto alla polizia che gli attacchi sono stati un atto "atroce ma necessario". Lo hanno riferito i suoi avvocati, aggiungendo che l'uomo aveva pianificato il duplice massacro "da diversi mesi".

Breivik spiegherà tutto in tribunale nell'udienza prevista per lunedì, quando ripercorrerà attimo dopo attimo i due massacri. Il primo nel centro di Oslo, dove un'autobomba è esplosa nel primo pomeriggio di venerdì vicino alla sede del governo e alla redazione del tabloid Vg, provocando la morte di almeno 7 persone.

Il secondo, efferato, compiuto circa due ore più tardi, sull'isoletta di Utoya, dov'era in corso un campo estivo annuale dei giovani del partito laburista e dove il 32enne, in uniforme da poliziotto, armato di una pistola, di un fucile da caccia e di un'arma automatica, ha ucciso con freddezza almeno 85 persone. La follia sull'isola è continuata per quasi un'ora e mezza, durante la quale l'uomo ha agito indisturbato prima di arrendersi alla polizia. Fra le molte persone che si sono lanciate in acqua per salvarsi ci sono almeno 4 o 5 dispersi, che vengono cercati anche con l'ausilio d'un piccolo sommergibile.

La polizia, che ha fatto cadere quasi subito la pista del terrorismo islamico (malgrado la rivendicazione di un gruppo sconosciuto) non esclude che possano esserci dei complici. Qualcuno infatti potrebbe avere aiutato Breivik a fabbricare la bomba che è esplosa nel centro di Oslo, nella fattoria in cui si era trasferito e dove aveva "tonnellate" di concime chimico utilizzabile anche per fabbricare esplosivi.

Drammatico il racconto dei sopravissuti alla strade sull'isola, radunati in un albergo nel villaggio di Sundvollen. L'assassino, rivelano, si muoveva con calma e lentezza, sparando sulla folla di giovani, colpendo alla testa i feriti o coloro che si fingevano morti, mitragliando chi si lanciava in acqua per fuggire a nuoto. "Ho sentito urla. Ho visto gente che chiedeva pietà, ho sentito tanti spari. Lui li ha spazzati via. Anch'io ero sicuro che sarei morto", racconta Kursetgjerde, 18 anni, che si è nascosto fra le piante, è fuggito a nuoto ed è stato soccorso da una barca. "La gente fuggiva ovunque. Qualcuno cercava di salire sugli alberi. Altri venivamo travolti dalla folla", ha detto, aggiungendo che l'assassino diceva alla gente di avvicinarsi.

Dura la condanna da parte della comunità internazionale, da Barack Obama a Angela Merkel, dalla Russia ai palestinesi di Fatah, al Papa. Il Re di Norvegia, Harald, la regina Sonia e gran parte della famiglia reale, insieme al capo al premier laburista Jens Stoltenberg e diversi ministri, hanno fatto visita al luogo della strage e ai sopravvissuti. E il premier, che ha definito gli attacchi una "tragedia nazionale" che non farà tuttavia piombare nel terrore la "società aperta" che è il "marchio di fabbrica" della Norvegia, ha fatto sapere che il livello di allerta terrorismo non è stato elevato.

venerdì 22 luglio 2011

OSSERVATORIO PER L'INFANZIA " ORGANO SOVRANO"

OSSERVATORIO PER L'INFANZIA " ORGANO SOVRANO"

Roma - Ieri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è insediato l'Osservatorio per l'infanzia e l'adolescenza. Il nuovo Presidente dell'Osservatorio la Dott.ssa Matone già giudice minorile per 17 anni ha detto " che vuole i membri dell'Osservatorio sul territorio, voglio dati ed informazioni non possiamo più stare a guardare" gli ha replicato il Sottosegretario alla famiglia, Senatore Giovanardi " che l'Osservatorio è Organo Sovrano e che  nel bene e nel male le organizzazioni e le amministrazioni periferiche devono collaborare con esso". Erano presenti più di 50 membri, forte la presenza cattolica con Agesi, Papa Giovanni XXIII°, ma anche presenza interessante l'interverto del Dott.Lucagnone delegato del ministero della Pubblica Istruzione sui disagi giovanili -alcool -droghe, ma anche una nuova forma di "divertimento americano" l'autostrangolamento. Presente il Dott. Caffo per telefono Azzurro e il Dott. Claudio Alberghini per Adiantum, un intervento invece interessante per i minori nati da coppie miste, del ministero Affari Esteri  della Dott.ssa Spadafora già Agente Italiana presso la Corte Europea. Il progetto parte con la costituzione di tre commissioni, il lavoro andrà avanti anche in estate e l'osservatorio si riunirà  per settembre. Speriamo che da queste commissioni escano cose interessanti, come sono interessanti i loro interlocutori, non importa i colori politici, interessano i fatti.



Michel Upmann

mercoledì 13 luglio 2011

BOLOGNA/ L'ISLAM DI VIA PETRONI: IL KEBAB CON LA JIHAD.

BOLOGNA/ L'ISLAM DI VIA PETRONI: IL KEBAB CON LA JIHAD.

pubblicata da Michel Upmann il giorno mercoledì 13 luglio 2011 alle ore 18.36

Proselitismo e fanatismo in un volantino in quasi tutti i Take Away di Bologna.
La Bologna detta la "Rossa" si tinge anche di giallo Islamico, la mezzaluna appare oggi dopo anni in sordina su un volantino distibuito in tutti i Kekab del centro città, in italiano. Lanciano una campagna informativa, che parte dalla cumità islamica Bengalese.
Ora dopo attacchi forzati sul nostro "crocifisso", e sulla non possibilità di cantare a scuola canti natalizi, ne fare il presepio, a Bologna si dovrebbe parlare islamico. La comunità cattolica si è svegliata stamattina con un brutto presentimento. Loro dicono "lo facciamo solo per far conoscere l'islam e i musulmani" (ndr corriere di Bologna 13/07/2011), invece dentro il piccolo prontuario fatto di quattro pagine, domande e risposte per spiegare le parole chiave della fede predicata da maometto. Ma se partiamo già dalla spiegazione della stessa parola Islam che vuol dire "SOTTOMISSIONE" deve far pensare, e reagire non solo noi cattolici, ma anche i laici, non vediamo, non comprendiamo come possa essere considerata una religione di pace , di misericordia e perdono, (basta vedere le gravi vicende del nostro tempo).Vaneggiamenti di varia natura, riportano all'occhio un primo grave inadempimento, non c'è nessuna firma che rimandi aglia autori del volantino, solo un'indirizzo di posta elettronica, piuttosto vago e dubbio. Intervistato il vicepresidente del Centro Islamico di Bologna, cade dalle nuvole e dice che è un'iniziativa del bengalesi e che non ha mai visto il volantino, classica risposta in certi settori islamici, dove l'informazione non è possibile, ma anzi l'omertà ricalca le scene già consciute. E poi finisce il sibillino Vicepresidente Islamico con la frase " noi musulmani dobbiamo testimoniare l'islam - ma spetta al creatore nostro diffonderlo"... si vede che gli piace il Kebab...

lunedì 11 luglio 2011

IMMIGRAZIONE E LOGGE MASSONICHE

pubblicata da Michel Upmann


Quelle strane coincidenze
Abbiamo molti indizi, alcune certezze ma nessuna prova contro alcuno. Di certo un mandante c’è, con tanto di nome: il mondialismo, ovvero l’ideologia che punta alla creazione di un unico governo mondiale eliminando il concetto di sovranità nazionale e di specificità. Esistono molte entità che si richiamano a questa ideologia politico-finanziaria, nessuna delle quali riteniamo burattinaia di alcunché. Esistono però delle assonanze che
inquietano tra alcuni “programmi” e i fatti che accadono nel mondo: sicuramente si tratta di semplici combinazioni, ma è interessante capirne di più partendo da un fatto di cronaca che ci ha molto colpito nonostante il silenzio mediatico che l’ha accompagnato. Stando a quanto riportato qualche settimana fa dal settimanale L’Espresso in un articolo a firma Primo Di Nicola, il mondo della massoneria italiana sarebbe in subbuglio. Motivo? L’ ultima iniziativa del professor Giuliano Di Bernardo, l’ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia che nel ’93 uscì dall’organizzazione per fondare la nuova Gran Loggia regolare d’Italia. Di Bernardo, con la benedizione dei vertici internazionali della libera muratoria - a cominciare da quelli inglesi e americani - ha deciso di abbandonare definitivamente cazzuola e compasso per dar vita a una nuova organizzazione sovranazionale: l’Accademia internazionale degli Illuminati, costituita l’11 luglio scorso a Roma nello studio del notaio Giovanni Pocaterra, sede centrale in piazza di Spagna.

Pianificare la società multietnica vuol dire pianificare la catastrofe. di Francesco Lamendola

pubblicata da Michel Upmann


Pianificare la società multietnica vuol dire pianificare la catastrofe
di Francesco Lamendola
Da anni e anni ci sentiamo ripetere che realizzare la "società multietnica" è il grande obiettivo del terzo millennio, il luminoso futuro che ci attende al di là del post-moderno.
Da anni ci sentiamo ripetere, come un ritornello, quanto sia bella, desiderabile e felice una società multietnica; dove razze, culture e religioni diverse coesistano armoniosamente e dove le barriere dell'incomprensione, del pregiudizio e dell'intolleranza - residuo di un passato vergognoso e da dimenticare - siano abbattute per sempre.
Le autorità politiche ci ripetono che tale è il nostro "destino manifesto"; quelle economiche, che noi abbiamo assoluto bisogno di lavoratori immigrati per tenere alto il nostro tenore di vita e per riempire i vuoti demografici dovuti alla bassa natalità; quelle religiose ci ricordano il dovere cristiano dell'accoglienza; quelle culturali ci assicurano che ciò costituirà un impagabile arricchimento per il pensiero, l'arte e la scienza. Tutti insieme appassionatamente ci rintronano gli orecchi con lo stesso motivo, una mescolanza di utilitarismo esplicito e di umanitarismo e democraticismo zuccherosi.
Ma è proprio così?
Noi abbiamo molti dubbi in proposito, anche se politicamente assai scorretti.
Ci rendiamo perfettamente conto della delicatezza dell'argomento e della facilità con cui, su un tale terreno, possono crearsi equivoci e si può dare esca a bieche strumentalizzazioni; perciò ci sforzeremo di essere chiari, quanto lo si potrebbe essere ragionando con un bambino delle scuole elementari.
La necessaria premessa è che la nostra perplessità non nasce in alcun modo da un pregiudizio razzista nei confronti di altri popoli, altre culture e religioni; al contrario, in anni non sospetti (diciamo una trentina d'anni fa), parlavamo di interculturalità quando non esisteva quasi nemmeno la parola, e con saggi e articoli ci sforzavamo di ribadire il concetto che l'egoismo economico e politico del Nord della Terra stava generando situazioni insostenibili nel Sud, e che l'unica soluzione a tale problema era una più larga e generosa comprensione della necessità di elaborare una risposta globale, materiale e morale, alla miseria crescente del Sud e al malessere spirituale crescente del Nord; ad esempio col libro Metafisica del Terzo Mondo, edito nel 1985.
Ciò chiarito, vediamo brevemente perché l'obiettivo della costruzione di una società multietnica ci sembra una utopia pericolosissima, foriera di conseguenze che non noi, ma le generazioni future ben difficilmente riusciranno a gestire razionalmente e pacificamente.
Il primo motivo di perplessità ci viene dalla storia.
Se vogliamo guardare alla natura umana quale essa è e non quale vorremmo che fosse o quale sarebbe auspicabile che fosse, ci accorgeremo che le società multietniche hanno prosperato in pace e in buona armonia solo per brevi periodi e in situazioni favorevoli assolutamente irripetibili, dovute a un concorso di circostanze fortunate. Tale fu il caso dell'India di Akbar (1542-1605), noto in Europa come il "Gran Mogol", illuminato sultano mongolo-indiano che perseguì con saggezza e lungimiranza un progetto di coesistenza etnica e religiosa. Tuttavia, lo ripetiamo, si tratta di rare eccezioni alla regola.
La regola è completamente diversa e ci mostra una serie ininterrotta di conflitti, di odi, di rivincite lungamente attese e di rancori a fatica dissimulati. Possibile che il caso della ex Jugoslavia, senza andare tanto lontano nello spazio e nel tempo, non abbia insegnato niente a nessuno? Eppure, per chi li voleva vedere, i fatti sono lì, sotto i nostri occhi: e dicono chiaramente che nemmeno dopo secoli di convivenza (secoli, non anni!) l'etnia serba, quella croata, quella bosniaco-musulmana, quella albanese, ecc. sono riuscite a convivere in pace; anzi, che si sono sempre odiate e combattute e che ogni tentativo di comporre i loro contrasti è risultato assolutamente vano.
Del resto, lo stiamo vedendo anche in questi giorni. Gli Albanesi del Kossovo, spalleggiati fin dall'inizio dal colosso americano, vogliono l'indipendenza: e, dopo aver subito lunghi periodi di "pulizia etnica" da parte dei Serbi, l'hanno fatta subire, con gli interessi, ai loro ex oppressori; tanto che in tutta la regione la presenza serba è scesa sì e no al 10% della popolazione totale. Conclusione (per chi la vuole vedere e non ha la coda di paglia): neppure gli sforzi delle grandi potenze e dell'intera diplomazia europea, neppure gli strumenti democratici del referendum e dell'autodeterminazione sono stati sufficienti a salvare la convivenza fra due stirpi che coesistevano da tempo immemorabile nello stesso territorio.
Oppure si pensi all'Irlanda del Nord, ove più di quattro secoli di coesistenza non sono riusciti ad attenuare minimamente l'astio e il disprezzo reciproco fra l'elemento anglo-protestante e quello irlandese-cattolico.
Eppure la società multietnica di cui ci parlano gli odierni cantori delle magnifiche sorti e progressive non nascerà da secoli di convivenza, ma verrà improvvisata dall'oggi al domani; e non coinvolgerà due sole etnie, ma decine e decine di etnie provenienti da ogni parte del mondo, con una varietà di lingue, usanze, religioni quali mai vi era vista prima nella storia. Anche l'India di Akbar, in fin dei conti, non doveva far coesistere che due elementi: l'indù e il musulmano. E sappiamo che fine ha fatto il sogno di quella convivenza: neppure il carisma di Gandhi ha potuto impedire la spaccatura dell'India in due Stati ferocemente avversi l'uno all'altro.
E questo esperimento pericolosissimo, dal quale non ci sarà più modo di tornare indietro, dove lo si vuole realizzare? In tutta Italia; in tutta Europa. Non in una piccola regione, ma nell'intero continente. Per fare un esempio: quei milioni di Rom che non sono mai riusciti a integrarsi veramente con il popolo romeno, ora dovrebbero farlo negli Stati dell'Europa Occidentale, da un giorno all'altro. È verosimile?
La seconda ragione di perplessità è di ordine politico.
Nella presente congiuntura politica, con la guerra di civiltà scatenata dall'irresponsabile governo degli Stati Uniti d'America, e nella quale versano benzina sul fuoco gli interessi palesi e concreti del governo israeliano, l'Europa dovrebbe accogliere alcune decine di milioni di immigrati, molti dei quali provenienti da Paesi islamici, i quali non vengono solo in cerca di lavoro, ma con il progetto a lungo termine di islamizzarla. Sia detto per inciso, lo spettacolo politico cui assistiamo da parecchi anni è a dir poco sconcertante: quello di un'Europa, prossimo campo di battaglia tra due opposti integralismi, che continua ad essere subalterna e ossequiente verso i due massimi responsabili di tale situazione: i governi di Washington e di Gerusalemme. Eppure è evidente che i loro interessi non sono i nostri, che i loro obiettivi strategici non hanno nulla a che fare con i nostri; non occorre essere dei geni della geopolitica per capirlo.
Si dirà che se non gli immigrati, i figli degli immigrati provenienti da quei Paesi svilupperanno un legame affettivo con la loro nuova patria d'adozione; e che questo renderà possibile non solo la pacifica convivenza, ma addirittura l'integrazione (ciò che non era riuscito al saggio e illuminato Akbar in condizioni tanto più propizie). Non è vero. I cittadini britannici di origine araba che avevano progettato gli attentati all'aeroporto di Londra non erano figli di immigrati, ma figli dei figli dei primi immigrati: immigrati della terza generazione. Non solo non avevano sviluppato alcun legame affettivo con la loro patria d'adozione, ma nutrivano per essa tutto l'odio che è possibile albergare nel cuore umano.
Oppure ricordiamo l'insurrezione delle banlieues francesi; o ancora, se si preferisce, le feroci lotte interetniche scoppiate a Los Angeles nei primi anni Novanta del secolo scorso, quando asiatici, africani ed ispanici si affrontarono a colpi di pistola e di coltello, saccheggiando i negozi, incendiando le abitazioni e così via. Eppure parliamo di etnie che vivevano sullo stesso territorio da molto tempo. Inoltre la Gran Bretagna e la Francia, per via del loro passato coloniale, e gli Stati Uniti, per via della peculiarità del loro popolamento, avevano avuto molto tempo per sviluppare una cultura dell'accoglienza e dell'integrazione. Ma non vi sono riusciti. Vi riusciranno Paesi come l'Italia, che non hanno una storia del genere dietro le spalle, non hanno sviluppato una cultura del genere; e, anzi, fino a due generazioni fa, erano Paesi di emigranti?
La mentalità mercantilista cui l'Occidente si è assuefatto negli ultimi secoli produce una curiosa deformazione percettiva. Ignorando i fatti e mettendo a tacere anche il semplice buon senso, si continua a pensare che, col denaro e i mezzi materiali, si possa fare tutto: anche creare dei legami di appartenenza, dei vincoli di tipo affettivo. Ma non è così. L'amore per il paese in cui si vive non nasce soltanto dal fatto materiale di trovare, bene o male, casa e lavoro; nasce, eventualmente, dal proprio retroterra culturale e dalla disposizione d'animo con cui si è affrontato il duro passo dell'emigrazione. I nostri nonni, che emigravano verso le miniere del Belgio con le loro valigie di cartone legate con lo spago, lo sapevano molto bene. Perfino in un paese relativamente vicino al proprio, ove si parla una lingua della stessa famiglia e si pratica la stessa religione, l'integrazione è stata realizzata solo da pochissimi e solo dopo sforzi disumani. La maggior parte dei nostri nonni, appena potevano, rifacevano la valigia e se ne tornavano a casa. Quanti di loro sono rimasti e hanno finito per amare il paese adottivo? Amare è una parola grossa; andiamoci piano.
La terza ragione di perplessità è di ordine economico.
Si dice e si ripete che le società a capitalismo avanzato hanno assoluto bisogno di manodopera, non solo e non tanto nelle fabbriche, quanto nei settori ormai abbandonati o semi-abbandonati: di braccianti agricoli, di manovali nei lavori pubblici o di operai non specializzati nell'industria, di infermieri nelle strutture sanitarie, di badanti per gli anziani soli e non autosufficienti. Ma è proprio così? Di fatto, l'aumento dell'immigrazione ha dato il colpo di grazia al piccolo commercio: milioni di botteghe familiari hanno dovuto chiudere, strangolate dalle tasse, mentre le piccole e medie imprese hanno potuto disporre di manodopera a basso costo che, in ultima analisi, ha favorito una ulteriore concentrazione dell'industria e del commercio. E mentre i piccoli negozi chiudono, sempre più numerosi aprono quelli degli immigrati; per non parlare del commercio clandestino di prodotti a costo bassissimo, importati illegalmente o fabbricati in strutture illegali, che creano una concorrenza insostenibile per i nostri commercianti.
E si ricordi cosa è successo a Milano quando le autorità comunali hanno tentato di porre un po' di ordine, non diciamo nel commercio cinese, ma nel semplice utilizzo degli spazi pubblici per il trasporto delle merci: una mezza insurrezione, con tanto di bandiere cinesi sulle barricate e di intervento dell'ambasciatore di Pechino. Altro che immigrati disciplinati e rispettosi della legge, che badano solo al proprio lavoro. Ora, si provi a immaginare cosa sarebbe accaduto se i nostri nonni emigrati in Svizzera, non più tardi di mezzo secolo fa, avessero avuto una reazione del genere, e sia pure di fronte a una supposta ingiustizia o prepotenza delle autorità pubbliche. Il fatto è che non ci pensavano proprio: non erano andati all'estero per far sventolare il tricolore alla prima difficoltà, ma per guadagnare qualcosa da mandare a casa.
La quarta ragione di perplessità è di ordine demografico.
Si dice che, senza l'apporto di immigrati stranieri, e più precisamente di famiglie straniere o, comunque, di coppie che metteranno al mondo dei figli, il nostro declino demografico, e quindi economico, sarebbe irreversibile. A noi pare che il ragionamento si possa tranquillamente rovesciare e che si possa pronosticare che, con gli attuali, rispettivi indici di natalità degli Europei e degli immigrati, nel giro di poche generazioni i popoli del vecchio continente cominceranno letteralmente a scomparire; e con essi spariranno, poco alla volta, dialetti, lingue, culture, religione: tutto.
Già abbiamo visto, in un conteso pre-industriale, quanto rapidamente le culture locali siano state sopraffatte e cancellate dalle culture nazionali. Che fine hanno fatto, per citare un solo esempio, la lingua e la gloriosa letteratura provenzale, quando il francese ha cominciato ad affermarsi? Ora quest'ultima vive quasi solo nei capolavori del grande poeta Frédéric Mistral (1830-1914). E ovunque, nella modernità, si è assistito allo stesso fenomeno: giornali, radio, cinema e televisione hanno dato una mano alle culture nazionali per raggiungere la cosiddetta "unificazione", cioè per spazzar via le culture vernacolari; e oggi, complice l'informatica, anche le culture nazionali cominciano a scomparire, finché non resterà che la cultura dell'Impero: la lingua inglese, il pensare americano, il vestire, studiare e usare il tempo libero, secondo il modello americano.
Quanto al temuto declino economico, è chiaro che si presenta la necessità della manodopera straniera solo se si parte dal presupposto che l'economia debba continuare a basarsi sul concetto della crescita. Ma, ormai, anche gli economisti liberali più tradizionali cominciano ad ammonire che il concetto di crescita illimitata è insostenibile, se non altro per il prossimo, inevitabile esaurimento delle fonti energetiche non rinnovabili e per gli effetti catastrofici dell'inquinamento; e che è tempo - se non è già troppo tardi - di ripensare radicalmente la nostra idea dell'economia e le idee stesse dello sviluppo e del progresso. Si tratta di idee recenti, nate - in pratica - con l'Illuminismo e con la Rivoluzione industriale. L'Europa ha costruito le cattedrali e prodotto gli Elementi di Euclide, la Divina Commedia di Dante e il teatro di Shakespeare facendo benissimo a meno di tali idee.
Non è vero che chi si ferma è perduto, che l'economia deve sempre crescere, pena la recessione: questo è il ricatto degli economisti in mala fede, i cui nomi sono scritti sul libro paga di un capitalismo irresponsabile e ormai agonizzante. È incredibile che così poche voci, nel mondo della cultura, si siano levate per denunciare questa menzogna spudorata, nonostante l'evidenza dei fatti e la gravità dei pericoli cui andiamo incontro.
La quinta ragione di perplessità è di natura organizzativa.
Se anche lo si fosse voluto, non crediamo sarebbe stato possibile gestire il fenomeno dell'immigrazione in maniera peggiore di come si è fatto. L'atteggiamento della classe politica è stato un miscuglio di faciloneria imbecille, di assoluta inefficienza, di miopia che ha dell'inverosimile.
Ricorderemo sempre una frase emblematica pronunciata da Massimo D'Alema, che rivestiva la responsabilità di capo del governo italiano all'epoca dei giganteschi sbarchi di clandestini albanesi sulle coste pugliesi, verso la metà degli anni Novanta del Novecento. Di fronte all'ennesimo approdo di una "carretta del mare" con cinquecento albanesi a bordo, molti dei quali si resero subito irreperibili a terra, con la sua abituale aria di superiorità egli disse - citiamo a memoria ma con sostanziale esattezza - ai microfoni del telegiornale: "Mi rifiuto di credere che per un grande Paese come l'Italia possa costituire un problema l'accoglienza di cinquecento poveretti che vengono in cerca di lavoro". Solo che i cinquecento sono diventati una massa incontrollabile, e non solo di albanesi; al punto che non sappiamo esattamente neppure quanti sono adesso.
Dalle frontiere sforacchiate, terrestri e marittime, del nostro Paese si riversano ogni anno decine di migliaia di immigrati clandestini, molti dei quali andranno ad alimentare le attività illegali, se non la malavita vera e propria. Ogni anno, ogni estate i bagnanti di qualche spiaggia del Mezzogiorno assistono allo spettacolo sconvolgente dell'approdo di questi disperati: ci siamo abituati all'incredibile, percepiamo come normale ciò che dovrebbe essere l'eccezione clamorosa. E intanto la mafia, in Sicilia, ha individuato in questo mercato di carne umana una delle sue attività più redditizie, alla faccia degli sforzi disperati di singoli magistrati e di singoli operatori delle forze dell'ordine per combattere questo nostro vecchio (e mai curato) cancro nazionale, cercando di mettere sotto controllo le sue fonti di finanziamento. La stessa cosa avviene in Calabria con la 'ndrangheta, in Campania con la camorra e in Puglia con la Sacra Corona Unita. I barbari dell'interno fanno commercio di questi immigrati, d'accordo con i criminali dell'altra sponda del Mediterraneo, imbarbarendo sempre più la vita nazionale. Mentre alle unità in servizio per contrastare mafia e immigrazione clandestina scarseggia perfino la benzina per le indispensabili attività di pattugliamento del territorio, aliquote consistenti delle forze dell'ordine sono destinate a compiti di scorta di decine di onorevoli inquisiti per svariati reati del codice penale o per sorvegliare e proteggere le loro ville e i loro yacht.
Accoglienza non vuol dire irresponsabilità. In Australia, per esempio, (lo sappiamo per conoscenza diretta), perfino in caso di un matrimonio fra un cittadino italiano e un cittadino australiano - matrimonio autentico, matrimonio d'amore con tanto di figli e non escamotage legale per coprire l'immigrazione di uno straniero - i controlli sono severissimi, puntigliosi, caratterizzati da una estrema diffidenza. E non parliamo delle conseguenze sanitarie della faciloneria con cui si spalancano le porte del nostro Paese a chiunque lo voglia. Poiché viviamo in quella parte d'Italia ove è appena scoppiato il caso della meningite fulminante, originata appunto presso gruppi di immigrati, abbiamo visto coi nostri occhi cosa può accadere quando i controlli sanitari sulle persone immigrate sono pressoché inesistenti: in nome di un buonismo e di un garantismo demenziali, si mette a repentaglio la sicurezza di milioni di cittadini.
Prima che la demagogia irresponsabile della nostra classe dirigente (o piuttosto della nostra classe dominante, per usare la terminologia gramsciana) crei situazioni di conflittualità incontrollabile, come sta già avvenendo in alcune zone del Paese - ove la popolazione residente è, in certi casi, semplicemente esasperata - bisogna avere il coraggio di dire che non solo le quote di immigrati dovrebbero essere drasticamente ridotte, ma che si dovrebbe organizzare con maggiore buon senso e con molta maggiore efficienza l'inserimento degli immigrati regolari. Oggi assistiamo alle cose più sconcertanti: che un ragazzo africano, ad esempio, che non sa una parola d'italiano, può e anzi deve essere accolto in terza o quarta superiore della scuola pubblica; che un immigrato, trovato privo del permesso di soggiorno, può eclissarsi tranquillamente, ignorando la notifica di espulsione; che negli asili e nelle scuole pubbliche si evita di fare il presepio o di intonare canti natalizi per non "offendere" i sentimenti religiosi dei bambini di altra religione; e così via.
Si aggiunga che gli immigrati, per ovvie ragioni, tendono a concentrarsi nei quartieri più poveri e che la loro presenza, a volte rumorosa e disordinata (come quando più nuclei familiari si stabiliscono in un piccolo appartamento, o come quando essi gestiscono locali pubblici in zone residenziali, restando aperti fino alle tarde ore notturne e disturbando la pace dei vicini) mette gravemente a disagio i cittadini ivi residenti, che già stentano a sbarcare il lunario e che si vedono gradualmente circondati ed "espulsi" dai loro rioni e dalle loro abitazioni. In tutti questi casi - e sono assai numerosi - il pericolo è che si vada verso una guerra tra poveri e verso una cultura dell'incomprensione e della chiusura reciproca.
Al tempo stesso, le pubbliche amministrazioni sono vergognosamente carenti nel garantire un minimo di accoglienza e di dignità agli immigrati regolari. Li si espelle con la forza dalle abitazioni abusive, ma non si fa assolutamente nulla per assicurare loro un tetto decente sopra la testa; e, se li ospita provvisoriamente qualche vescovo o qualche prete di buon cuore, si critica quest'ultimo e lo si denigra senza ritegno. È successo e continua a succedere; basta leggere i giornali o ascoltare i notiziari del telegiornale - quando non sono troppo occupati a riferire gli sproloqui dei politici "ufficiali", di destra e di sinistra, e i loro fioriti discorsi su un Paese che non esiste se non nella loro immaginazione.
Insomma si consente l'ingresso di cifre impressionanti di immigrati, ma non si fa nulla per aiutarli ad inserirsi nella società civile: quando il problema dell'inserimento sarebbe già gravissimo (almeno in senso morale ed affettivo, come già detto) anche se fossimo in presenza di strutture idonee e di una politica dell'immigrazione responsabile e ben organizzata.
E mentre la disorganizzazione e l'irresponsabilità continuano a imperversare, come se ci trovassimo di fronte a un'emergenza scoppiata ieri e non a un fenomeno ormai in atto da alcuni decenni, il disagio crescente generato da situazioni insostenibili alimenta vieppiù la demagogia forsennata di alcune forze politiche, quelle sì razziste e irresponsabili, che sanno vedere solo gli esiti del fenomeno ma non ne fanno una analisi complessiva; e che agitano con tremenda incoscienza la bandiera dell'intolleranza e perfino della provocazione. Non abbiamo forse visto un importante uomo politico italiano, che oltretutto ricopriva una caria istituzionale, esibire una camicia decorata con vignette che irridevano l'altrui fede religiosa? Paurosi effetti della totale insipienza di una classe dirigente che è venuta meno al suo compito fondamentale: cercare di conciliare il proprio interesse particolare con quello complessivo della società.
La sesta ragione di perplessità è di tipo affettivo.
Pur con tutti i suoi difetti, noi amiamo l'Europa, amiamo l'Italia, amiamo le nostre regioni, le nostre cittadine, la nostra bellissima natura (là dove si è parzialmente salvata dallo scempio edilizio e industriale degli ultimi decenni). In questo amore non vi è niente di esclusivista, di razzista, di xenofobo. Crediamo, anzi, che l'amore per la propria terra dovrebbe essere un requisito essenziale di qualunque società umana; e che non sia possibile amare il mondo se non si ama, prima, la propria terra; come non è possibile amare l'umanità se non si amano, in concreto, i propri vicini. Questo, ripetiamo, non è nazionalismo né campanilismo.
Ora, amare la propria terra e la propria gente significa anche desiderare che esse continuino ad esistere, anche quando noi non ci saremo; e che i nostri figli potranno vivere in pace nei luoghi che abbiamo loro affidato, così come li abbiamo ricevuti dai nostri genitori e dai nostri nonni. È chiaro che dei cambiamenti vi saranno; nulla rimane uguale a se stesso. Tuttavia una cosa è convivere con la necessità di una trasformazione lenta e graduale, che salvi l'essenza della propria terra e della propria gente; e un'altra cosa è auspicare una trasformazione radicale, immediata, traumatica, che cancellerà ogni traccia del passato e farà piazza pulita delle cose più belle che i nostri antenati hanno elaborato nel corso della storia, a cominciare dal dialetto, dalla lingua e dal modo di vedere la vita.
Ogni popolo, ogni comunità ha un proprio modo di vedere la vita; e si tratta di una filosofia intraducibile. Quando si dice casa - anzi, cjase - a un friulano, non si dice la stessa cosa che si direbbe a un inglese, a un russo, a un giapponese, adoperando le parole delle loro lingue; si dice una cosa diversa. Una cosa che non si può spiegare, ma che esiste. È fatta di ricordi, di affetti, di sensibilità; e ciascun gruppo umano possiede la propria, frutto di un lentissimo processo storico e di una costante interazione sia con l'ambiente fisico, sia con gli altri gruppi umani. Un qualche cosa di intimo, di belo, di sacro: che non merita di essere gettato via, come un fardello ingombrante del passato.
Noi siamo quello che siamo, perché siamo quello che siamo stati; e saremo quel che saremo, perché ora siamo quello che siamo e perché siamo stati quello che siamo stati.
Al di fuori di questa consapevolezza, non vi è che la barbarie dello sradicamento, dell'anonimità, dell'omologazione senz'anima e senza radici.

Preoccupante presenza islamica in Italia.

pubblicata da Michel Upmann


Preoccupante presenza islamica in Italia
Fonte Chiesa Viva n.382
Se in Europa fosse nato il giusto e ragionevole scrupolo del dover essere riconoscenti coi paesi non sviluppati, ed accogliere una certa quota di lavoratori e profughi, si dovrebbe, come aveva già indicato il card. G. Biffi, dare preferenza agli emigranti cristiani dell'Est Europa, dell'America latina, delle Filippine, e non agli islamici che vengono in Europa col preciso programma di mettere le basi per islamizzarci.
L'umanitarismo è solo un inganno. La realtà è che, sotto questo piano migratorio di massa, ci sta il piano dei vertici Massonici di nocciolo ebraico-anglosassone che, per odio al cristianesimo, dopo aver già suscitato e finanziato la Rivoluzione francese, la rivoluzione marxista, la nascita del nazismo pagano, l'ateismo materialista-edonista, la rivoluzione giovanile del '68, l'insidia della famiglia, la cultura della morte e la lotta alla vita, ora, sta scagliando contro l'Europa anche l'islam, mirando alla distruzione del Cristianesimo.
Abbiamo auspicato e lodato la nascita dell'Europa. E dopo che il Parlamento Europeo ha rifiutato sia di introdurre nella Costituzione il nome di Dio, e sia di riconoscere le radici cristiane dell'Europa, e anche dopo il caso Buttigliene, ci siamo finalmente accorti che l'Europa, nata dai cristiani DeGasperi-Adenauer-Schumann, è ora dominata dall'alta finanza massonica.
Per capire che l'immigrazione islamica e l'entrata della Turchia in Europa sono un'altra manovra anti-cristiana, quante vittime, quante persecuzioni e danni ai cristiani ci vorranno ancora?
Hanno inventato persino la necessità di un "dialogo ed accoglienza" dei musulmani, per dare "aiuto a democratizzarli".
I sognatori aspiranti-insegnanti-di-democrazia all'Islam, perché non vanno dove ciò è urgentissimo da secoli a tutt'oggi: Sudar), Kossovo, Libano, Ciro, Turchia, ecc. ecc.?
- il massacro dei cristiani maroniti in Libano, l'espropriazione dei loro beni (terreni, case, negozi, chiese), rendendo la vita difficile ai cristiani e costringendoli ad emigrare a centinaia di migliaia, o a restare ghettizzati come cittadini di serie B, è storia da 20 anni a tutt'oggi.
- Che in Kossovo, culla della cultura e cristianesimo serbo, dopo un secolo di "accoglienza", gli islamici, divenuti maggioranza, hanno cacciato i serbi, proclamata la repubblica islamica, e la minoranza dei serbi cristiani che restano, devono essere protetti dai carri armati dello Sfor, è storia di oggi.
- Che a Saraievo (Bosnia), da città mista nel 1991 (300 mila cristiani e 300 mila islamici) sia ora diventata una città islamizzata, con 500 mila islamici, 100 cristiani, con gli esuli e gli espropriati cristiani impossibilitati a ritornare (specie i parroci... religiosi e religiose), nonostante fosse espressamente affermato dal Trattato di pace di Dayton. È storia di oggi.
- Che si stia islamizzando il Sud-Su-dan cristiano-animista con una guerra genocida, e che si vendano i giovani razziati, al mercato di Khartoum, come schiavi, a 20-200 dollari USA, è storia d'oggi.
- Che proprio in Turchia (e in gran parte degli Stati islamici) sia impossibile costruire nuovi luoghi di culto, sia impossibile fuori dei luoghi di culto portare abito religioso cristiano o altri segni cristiani, e parlare di cristianesimo, è storia di oggi.
- Che in Pakistan, chi viene accusato (anche falsamente) di aver parlato male di Maometto per la "Legge Antiblasfema", viene condannato a morte, è storia di oggi.
- E si potrebbe continuare all'infinito con storie di oggi, dei fanatici, abusi islamici anticristiani in Egitto, in Arabia, in Indonesia, in Nigeria, ecc., ecc...
Che facciamo di Gesù? Lo amiamo? O Lo perseguitiamo col nostro silenzio-assenso: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?», «lo sono Gesù che tu perseguiti» (At. 9, 4-5).
Nella S. Chiesa di Gesù Cristo, dalla Bolla di papa Clemente XII, nel 1738, a Pio XII, in tre secoli, ci sono ben 600 documenti del Magistero, di messa in guardia dai piani del dominio mondiale della Massoneria, che è anti-Dio e anti-Cristianesimo.
Nel post-Concilio, si è imposto il "silenzio per favorire il dialogo".
È mai possibile che, per tre secoli, decine e decine di Papi, centinaia e centinaia di Cardinali, migliaia e migliaia di Vescovi, siano stati tutti allucinati?
A maggior ragione con l'Islam. Dal 650 al 1960, tutti i Papi, i Cardinali e i Vescovi, i santi di ineccepibile valor filosofico, teologico e spirituale, hanno cercato di difendere la Chiesa cristiana dalle violenze e dall'invasione dell'Islam. Possibile che nella Chiesa per 1300 anni, Magistero e Santi siano stati tutti idioti?
Le leggi, fatte passare in Europa, per interesse e pressione dei vertici del capitalismo massonico e approvate dai politici, sia di destra sia di sinistra: libera invasione demografica islamica e libera circolazione dei capitali e prodotti, sono leggi mortali, anti-cristiane e anti-europee.
La libera invasione demografica islamica porterà ad un radicamento demografico crescente e irreversibile dell'Islam in Europa e quindi: o alla cronica guerra civile-religiosa o alla sottomissione politica e religiosa all'islamismo.
La libera circolazione di capitali e prodotti (senza barriere protettive: es. Dazi, come fanno Israele ed USA), porterà alla "delocalizzazione" sempre più massiccia della produzione (ossia del Capitale) ai luoghi dove la manodopera costa meno, con profitto solo del Capitale e con danno solo e sempre dei lavoratori, con disoccupazione dilagante e destabilizzazione civile in Europa...
O apriamo gli occhi, o sotto l'ipnosi-oppio della "multiculturalità", della "libera circolazione" di persone e di capitali, della "pace-pacifismo", stiamo scavando la fossa sia al Cristianesimo e sia anche all'Europa economica-culturale-politica.
Quando un sacerdote, ancora nel ministero, scrive queste verità storiche, per sopravvivere ed evitare ulteriori contraccolpi, è costretto a ricorrere allo pseudonimo. Questa è la "libertà", cioè il condizionamento civile e religioso che, già oggi, abbiamo in Italia!

I NEMICI DELLA CHIESA/ ERESIE NEOCATECUMENALI

I NEOCATECUMENALI
I - CHI SONO
— Sono fedeli che intendono ricondurre la società contemporanea al Cristianesimo compiendo e indicando un Cammino di fede volto a riscoprire il senso e il valore del Battesimo.
— Pur non formando un Istituto religioso né avendo delle Regole, i Neocatecumenali compongono piccole "comunità" particolarmente attive, inserite nelle parrocchie di molte diocesi del mondo cattolico.
— Innegabile la sincerità ed il fervore di molti di loro, alcuni dei quali convertiti dal peccato ad una esemplare vita cristiana.
— Sapiente l'ideale di un cammino che, alla luce di una maggiore comprensione del rito battesimale, stimola a vivere il dogma centrale del Cristianesimo nella partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo.
— Lo si deve - quanto alla sua organizzazione - a Kiko Argüello, che ha ripreso un motivo di fede ed un metodo di vita derivati dalla millenaria tradizione della spiritualità paolina, ben nota - anche se sotto altre forme e nomenclature - a tutti i Santi e le istituzioni religiose del passato.
— Ciò spiega il favore di cui il Movimento Neocatecumenale gode presso la Gerarchia, in contrasto con la diffidenza, i sospetti e l'aperta accusa di eresia lanciata da alcuni, informati dei presupposti dottrinali del cammino.
— Tale opposizione non riguarda quei fedeli che, nella migliore buona fede, hanno aderito all'iniziativa attribuendo ad essa il proprio ravvedimento. Non mancano però molti che, durante il cammino, sono rimasti duramente scossi dalla penosa esperienza di alcuni modi di pensare e di agire osservati nel Movimento, incompatibili con le convinzioni dovute all'educazione cristiana ereditata dalla famiglia e ricevuta in parrocchia.
— Esperienze di questo genere - a noi confidate - ci hanno indotto ad un attento studio delle "catechesi" attribuite a Kiko, diligentemente registrate, trascritte e adottate - nel più geloso riserbo - come testo formativo dei Catechisti, unici maestri e responsabili del cammino.
— I risultati del loro esame critico hanno confermato la fondatezza delle accuse accennate, le quali ricadono principalmente su Kiko, i Catechisti e quanti condividono e propagano gli errori contenuti nei copiosi dattiloscritti delle catechesi.
— Di questi errori la stragrande maggioranza dei Neocatecumenali non sembra consapevole, traendo dal cammino soltanto il bene depurato dalla scoria di evidenti e gravi aberrazioni dogmatiche.
— Ciò tuttavia non dispensa dal dovere di informare di tutto il grande pubblico per impedire un'ulteriore diffusione dell'eresia e di una mentalità che insensibilmente dispone ingenui ed ignari ad accettarla.
II - ERRATI PRESUPPOSTI DOTTRINALI
Abbiamo potuto individuarli nei testi dattiloscritti suddetti riservati ai Catechisti e tenuti segreti non solo al pubblico, ma anche ai fedeli impegnati nel cammino.
Si tratta di idee che possono non essere condivise da molti Neocatecumenali e sembrano del tutto ignorate specialmente da coloro che, digiuni di teologia, non sono in grado di giudicarne l'ortodossia con la necessaria competenza.
L'accusa di eresia colpisce le posizioni dottrinali, non le persone, che riteniamo sempre degne di rispetto, potendo essere animate dalle migliori intenzioni.
* * *
1 - Il peccato: l'uomo non può non commetterlo, come non può compiere il bene né acquistarsi dei meriti;
— la conversione è possibile soltanto come riconoscimento, da parte di ciascuno, della propria miseria morale, non come decisa volontà di emendarsi che tenda a realizzare la santità;
— il peccato non può offendere Dio, e l'uomo non contrae il dovere di espiarlo soddisfacendo le esigenze della sua giustizia.
2 - La Redenzione: Gesù non l'ha operata riscattando l'uomo dalle sue colpe e riconciliandolo con Dio;
— la passione e morte di Cristo non è stata un vero sacrificio offerto al Padre per riparare il peccato e redimere l'uomo;
— Gesù ha salvato il mondo in virtù della sua Risurrezione: per godere i frutti della sua opera basta riconoscersi peccatori e credere nella potenza del Cristo risorto.
3 - La Chiesa non è stata fondata da Cristo come suo unico Ovile: anche seguendo altre religioni è possibile salvarsi;
— la Chiesa non è una società giuridica e gerarchica, ma spirituale, carismatica;
— in essa non si dà un sacerdozio derivato dal sacramento dell'Ordine, bastando il Battesimo che, incorporando tutti i fedeli nel Cristo, li rende partecipi della sua dignità sacerdotale.
4 - La Messa non è un "sacrificio": la Chiesa, all'altare, non offre a Dio alcuna Vittima;
— in luogo dell'altare, non c'è che la mensa, che nell'Eucaristia consente di celebrare un convito di festa fra fratelli uniti dalla medesima fede nella Risurrezione;
— il pane e il vino consacrati sono soltanto il simbolo della presenza del Cristo risorto che unisce i commensali comunicando loro il proprio spirito, sì da renderli partecipi del suo trionfo sulla morte;
— la Messa, così concepita, non è celebrata dal sacerdote, ma dall'Assemblea, da cui "sgorga l'Eucaristia".
5 - Il culto eucaristico non ha senso, negata la vera, reale e sostanziale presenza di Cristo sotto le specie sacramentali. Non si giustificano quindi atti di fede come: genuflessioni davanti al Tabernacolo, Comunioni frequenti, ore di adorazione, benedizioni, processioni, congressi, ecc.
6 - La Penitenza si riduce al sacramento del Battesimo: la loro distinzione non risale alla Chiesa primitiva:
— La Chiesa "gesta e conduce alla conversione". "L'importante non è l'assoluzione" del sacerdote, perché il valore della penitenza è essenzialmente comunitario ed ecclesiale;
— nei "passaggi" e negli "scrutini" l'accusa delle colpe anche gravi è pubblica, come può esserlo pure durante la "redditio".
7 - La vita cristiana, come volontario sforzo di autodisciplina, e quindi esercizio e progresso nella virtù, è un'illusione;
— ciascuno resta intrinsecamente peccatore, incapace di conseguire la vera giustizia come perfezione dell'amore di Dio e del prossimo;
— d'altra parte, Gesù non si è presentato a nessuno come "modello" da imitarsi;
— Egli ha comandato di odiare realmente genitori, fratelli, parenti, ecc., non solo, se necessario, di essere disposti a preferirlo ai medesimi;
— per seguire Cristo, bisogna vendere i propri beni; ma, una volta compiuta tale rinunzia, è lecito acquistarne altri e godersi tutte le soddisfazioni della vita. La "povertà" - compresa quella di S. Francesco - è ispirata alla " religione naturale", e fu praticata anche dai pagani: non è una virtù cristiana;
— Gesù, avendo sofferto per noi, ha reso superflue le nostre sofferenze, quindi non giustificabili le austerità degli asceti, il lento martirio dei Santi e la stessa vita religiosa implicante la pratica effettiva dei consigli evangelici;
— la salvezza eterna è a tutti offerta gratuitamente dalla misericordia di Dio, che perdona tutto. L'inferno non dovrebbe esistere, né si parla di Purgatorio, di suffragi e d'indulgenze per i defunti.
8 - La storia della vera Chiesa fondata da Cristo si chiude con la Pace costantiniana e riprende il suo corso non prima del secolo XX col Concilio Vaticano II, restando bloccata per la durata di circa 1600 anni...,
— in questo lungo intervallo, l'esercizio del triplice potere della Chiesa gerarchica (magistero, santificazione, governo) sarebbe stato abusivo, illegittimo...; e specialmente il Concilio di Trento sarebbe responsabile della paralisi della Chiesa, ostinata nel fissare formule di fede, riti liturgici, norme disciplinari...;
— l'interpretazione della Parola di Dio non è riservata alla Gerarchia, essendo possibile a tutti i fedeli: "la Bibbia s’interpreta da se stessa". Questa libertà di esame nell'esegesi prescinde dal Magistero ecclesiastico, dalla tradizione dei Padri, dalla dottrina dei teologi.
III - RILIEVI
— La S. Sede non ha mai approvato canonicamente il Movimento Neocatecumenale, anche se Giovanni Paolo Il si è degnato di scrivere a mons. J.P. Cordes una lettera privata di encomio e incoraggiamento, fondata sopra la documentazione di alcuni risultati positivi del cammino presentata dal destinatario. "La Mente del santo Padre - leggiamo in una nota pubblicata su Acta Apostolicae Sedis -, nel riconoscere il Cammino Neocatecumenale come valido itinerario di formazione cattolica, non è di dare indicazioni vincolanti agli Ordinari del luogo, ma soltanto di incoraggiarli a considerare con attenzione le Comunità Neocatecumenali, lasciando tuttavia al giudizio degli stessi Ordinari di agire secondo le esigenze pastorali delle singole diocesi".
— Abbiamo tutte le ragioni di credere che il Papa non è stato informato degli errori contenuti nelle "catechesi" di Kiko...; oppure, intervenendo, teme di danneggiare spiritualmente molti fedeli in buona fede.
— Sono numerosi e gravi i punti di coincidenza della dottrina di Kiko con la teologia protestante, in antitesi col magistero del Concilio di Trento e la precedente unanime Tradizione cattolica.
— La dottrina sottesa al cammino, le singolarità della prassi liturgica, la legge del segreto e la severa disciplina imposta ai fedeli hanno motivato l'accusa che i Neocatecumenali ritengono che la propria Chiesa sia parallela ed anche superiore a quella Cattolica, sollevando malumori, contese e aperti conflitti, ben noti specialmente a vescovi e parroci.
— L'accentuato proselitismo e forme intimidatorie usate dai Catechisti perché i fedeli non abbandonino il cammino hanno indotto a supporre erroneamente che questo apra l'unica possibile via della salvezza.
— Le cerimonie spettacolari, l'entusiasmo sollevato attraverso la stampa, la radio, la televisione e l'atteggiamento favorevole di membri del Clero, ecc. vanno facendo credere falsamente che nella Chiesa Cattolica non ci siano altre istituzioni, iniziative, forme e metodi di vita e di apostolato altamente benemerite nella difesa della fede e nella propagazione del messaggio evangelico.
— Livellato il sacerdozio dei "presbiteri" a quello dei fedeli semplicemente battezzati, i Catechisti - in pratica - si attribuiscono un'autorità pari e superiore a quella propria dei membri della Gerarchia, scompaginando la struttura della Chiesa Cattolica.
— La pratica della pubblica accusa dei peccati gravi, oltre a ripugnare al naturale istinto del pudore e al diritto di salvare la propria fama, provoca rancori e pettegolezzi, disgregando le famiglie e mettendo in subbuglio le comunità parrocchiali.
— L'autorità che i Catechisti si arrogano nel commentare la Bibbia e dirigere le coscienze, creando un vero clima di terrore, demolisce la già fragile personalità di alcuni fedeli e provoca reazioni che talvolta spingono fino all'apostasia dalla fede.
— L'obbligo di vendere i propri beni e di versare la "decima" procura l'accumulo di ingenti somme di denaro, la cui amministrazione è affidata in modo incontrollabile ai Catechisti, come non si verifica in nessuna associazione sapientemente ordinata.
— Sostenere che l'uomo non può fare il bene e non gli è possibile evitare il male significa negare la libertà umana e la potenza redentrice della Grazia, rendendo impossibile una vera "conversione" e giustificando ogni licenza morale.
— Se, nella conversione del peccatore, la grazia non rigenera l'anima, sì da trasformarla radicalmente rendendola partecipe della natura e della vita di Dio, non si comprende in qual senso Maria Ss.ma sia proclamata dalla Chiesa universale come "la piena di grazia". Quale culto potrebbe meritare se, soprattutto Lei, non fosse stata elevata ad un livello altissimo di amicizia (= affinità) con Dio, sì da poterne diventare la "MADRE " generando Gesù?...
— Per la medesima ragione, non si spiega come anche i Santi possano essere venerati e invocati, se non sono stati profondamente pervasi dalla grazia, e al punto da celebrare - proprio per essa - l'unione trasformante con Dio.
— Rifiutare il Sacrificio eucaristico significa negare alla Chiesa il dovere del supremo atto di culto, quindi sopprimerla come Società eminentemente religiosa.
— Respingere la transustanziazione equivale sottrarre ai fedeli "il Pane vivo disceso dal cielo"; negar loro il conforto e la gioia dell’Amico assolutamente ideale, il più necessario "viatico" per l'eternità; nascondere alla Chiesa l'unico Sole che la riscalda, creando il clima indispensabile per la sua vita.
— La Messa, declassata a semplice "banchetto", espone il Santissimo alle inevitabili profanazioni dovute alla noncuranza dei frammenti del "pane consacrato" e dei suoi avanzi(*). Purtroppo, anche all'abusiva prassi liturgica dei Neocatecumenali deve attribuirsi la responsabilità della "comunione sulla mano", la cui concessione è stata come estorta alla S. Sede, perché contraria alla volontà di Paolo VI, che ne aveva previsto e deplorato le inevitabili conseguenze, negative sotto ogni aspetto.
— Se, oltre alla Chiesa, altre religioni aprissero alle anime vie ordinarie e oggettivamente valide per salvarsi, le Missioni Cattoliche non sarebbero affatto necessarie né meriterebbero la collaborazione spesso eroica dei fedeli.
— L'attività dei Neocatecumenali itineranti, per quanto possa sembrare lodevole, non è neppure paragonabile all'opera dei missionari cattolici che da secoli, avendo rinunziato a tutto, si dedicano all'evangelizzazione del mondo; mentre i discepoli di Kiko si recano all'estero non solo ben provvisti dalle comunità d'origine, ma anche sostenuti dall'amore e dal conforto morale delle rispettive famiglie, contro l'esempio degli Apostoli, che abbandonarono parenti, averi, comodi, ecc., seguendo il Maestro fino al martirio.
— L'erezione di Seminari, ove si preparano candidati al sacerdozio educati secondo gli errori dottrinali di Kiko, potrebbe essere una delle peggiori minacce per la Chiesa di domani.

(*)
Ancora una volta, recentissimamente, nella basilica di S. Giovanni in Laterano, cattedrale del Papa, la sera del 21 ottrobre ’92, durante il rito dell’ordinazione di alcuni diaconi, i Neocatecumenali hanno dimostrato di non curarsi dei frammenti del «pane consacrato» lasciati sparsi sul tavolo, facendo logicamente supporre di non credere nella «presenza reale» di Cristo derivata dalla «presenza reale» di Cristo derivata dalla «transustanziazione».

Conclusione
Sono "eretici" i Neocatecumenali? — Lo sono soltanto coloro che sanno di esserlo e si ostinano a sostenere gli errori sopra elencati. Ma siccome identificarli singolarmente sfugge ad ogni nostra verifica, resta da riprovare soltanto l’eresia in sé quale risulta dalle "catechesi" di Kiko. In concreto, essa costituisce una delle più temibili insidie per la fede, data la potenza organizzativa ed economica del Movimento.
Spetta alla Chiesa il delicato e arduo compito di discernere il "buon grano" dalla "zizzania"; e ciò non solo encomiando il fervore di alcuni, ma altresì liberando l'essenza del "cammino" da tutto l'ingombrante fardello dei pregiudizi d'indole biblica e teologica, storica e liturgica, impliciti nel "cammino" qual è proposto da Kiko e collaboratori.
L'operazione "chirurgica" è necessaria ed urgente perché la Chiesa conservi la propria credibilità e impedisca il moltiplicarsi dei casi di apostasia di quanti, - anche traumatizzati dalla condotta di certi responsabili del Movimento - attendono con impazienza un autorevole intervento della S. Sede.
Ciò è particolarmente necessario per difendere la dignità del Papa, a cui i Neocatecumenali - in buona o cattiva fede - attribuiscono le proprie idee, peggiorando la posizione della Chiesa davanti al mondo.

Per ampliare l'orizzonte, si consiglia di consultare:
E. ZOFFOLI, Eresie del movimento neocatecumenale, V ed. migliorata e arricchita di sconcertanti testimonianze, Saggio critico, Ed. Segno, Udine, 1992, pp. 168;
ID., Magistero del Papa e catechesi di Kiko. Confronto a proposito del "Cammino neocatecumenale", Ed. Segno, Udine, 1992, pp. 150;
ID., Catechesi neocatecumenale e ortodossia del Papa, Ed. Segno, Udine, 1995, pp. 80;
ID., Verità sul Cammino neocatecumenale – Documenti e testimonianze di presbiteri e laici, Ed. Segno, Udine, 1996, pp. 424;

* * *
I CATTOLICI ESIGONO CHE I NEOCATECUMENALI, ROMPENDO IL LORO SILENZIO, DICHIARINO ESPRESSAMENTE E INEQUIVOCABILMENTE DI:
1° credere nella Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, non solo carismatica, ma anche gerarchica. Chiesa dei Papi succedutisi da Pietro a Giovanni Paolo Il, e dei Concili ecumenici celebrati, da quello di Nicea al Vaticano Il, rimasto fedele al magistero infallibile del grande Concilio di Trento;
2° credere che in essa il potere - e quindi la gerarchia - si fonda sull'Ordine sacro, che conferisce il sacerdozio ministeriale, essenzialmente distinto da quello comune a tutti i battezzati;
3° credere che il supremo atto del sacerdozio gerarchico è l'offerta del Sacrificio eucaristico, ossia del " Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari " (PAOLO VI, Prof. di fede);
4° credere che il Sacrificio eucaristico è condizionato essenzialmente alla transustanziazione, che rende veramente, realmente e sostanzialmente presente Cristo sotto le apparenze del pane e del vino, distintamente consacrati;
5° credere che Gesù s'immola sulla croce e sull'altare per soddisfare la giustizia di Dio, offeso dai nostri peccati, e così redimere il mondo da ogni male, temporale ed eterno;
6° credere che la grazia da Lui meritata rigenera realmente le anime e, mediante l'esercizio delle virtù morali e teologali, dispone alla santità e alla salvezza eterna;
7° credere che la rigenerazione delle anime dipende non soltanto dal battesimo, ma anche dal sacramento della penitenza, nel quale il Sacerdote-Confessore, "nella persona e nel nome di Cristo", rimette i peccati, previa la sincera contrizione del penitente, che promette - e si sforzerà - di emendarsi nella partecipazione alla morte espiatrice e redentrice del Salvatore;
8° credere nell'esistenza del Purgatorio quale condizione necessaria per le anime dei fedeli morti in stato di grazia, ma non ancora pienamente purificati...; e nell'eterna realtà dell'Inferno, morti nell'impenitenza finale.
La misericordia di Dio non esclude, ma suppone il rispetto dell'ordine richiesto dalla sua giustizia.

I NEOCATECUMENALI POSSONO RITENERSI MEMBRI DELLA CHIESA CATTOLICA SOLO A CONDIZIONE DI CONDIVIDERE LA SUA FEDE IN TUTTE E SINGOLE LE VERITÀ ELENCATE; ALTRIMENTI DEVONO RASSEGNARSI AD ESSERNE RESPINTI COME ERETICI, PARTICOLARMENTE PERICOLOSI PERCHÉ SCALTRAMENTE INSERITI E NASCOSTI NEL SUO SENO.

"LO SPIRITO DICHIARA APERTAMENTE CHE NEGLI ULTIMI TEMPI ALCUNI SI ALLONTANERANNO DALLA FEDE, DANDO RETTA A SPIRITI MENZOGNERI E DOTTRINE DIABOLICHE, SEDOTTI DALL'IPOCRISIA DI IMPOSTORI, GIÀ BOLLATI A FUOCO NELLA LORO COSCIENZA..." (1Tm 4, 1-2).
fonte: www.salpan.org
 

 

Signoraggio. il peccato dell'oggi

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IN PRIMO PIANO/FAMIGLIA/MINORI

Oggi si mette in primo piano, le problematiche della famiglia e quelle dei minori. Il nucleo centrale della società, il nocciolo nevralgico, è giunto sul punto di "fondersi". Continui attacchi alla "Famiglia"  come nnucle la sta subendo da anni dissolvendosi. Ma ogni tanto una stella illumina il cammino da farsi, anche se molto contorto ecco che , Claudio Alberghini (Modenese DOC) è stato nominato Esperto della Commissione a Palazzo Chigi nell'Osservatorio dell' Infanzia e Adolescenza.  Claudio Alberghini, già Presidente di ABIGE (Ass. per la Bigenitorialità), co-fondatore di ADIANTUM e Presidente del gruppo Area Family, è stato nominato, per decreto a firma dei ministri Sacconi e Giovanardi, Esperto della Commissione Infanzia e Adolescenza. La riunione di insediamento dell’Osservatorio è prevista per il giorno 20 luglio p.v., alle ore 10.30, presso la Sala Verde di Palazzo Chigi a Roma.E' un risultato di prestigio, che premia l'impegno di Alberghini nel nonprofit, e il lavoro svolto negli anni a tutela dei diritti di bambini e genitori."Sono contento di questo riconoscimento", afferma Alberghini, "e in quella sede così importante porterò la voce di chi oggi soffre a causa di brutte prassi. Il mio obiettivo è quello di rafforzare il ruolo delle associazioni e della Mediazione".Con il medesimo decreto sono stati nominati cinquanta componenti. Tra gli altri, anche il prof. Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro, nonchè la dott.ssa Simonetta Matone (Presidente del centro di documentazione per l'infanzia e l'adolescenza). Claudio Alberghini che ha provato sulla sua pelle l'esperienza di una "dura" separazione, in questa sede prestigiosa porterà la sua "professionalità" non solo di "Padre Provato" ma anche di un campanello sociale, di una voce che dietro Alberghini, sono mmigliaia i padri e le Madri "sofferenti.
Michel Upmann
Addetto Stampa ADR