mercoledì 31 ottobre 2012

L’Angola, ex colonia, ora si compra il Portogallo in mutande


L’Angola, ex colonia, ora si compra il Portogallo in mutande



Ricordo – di nuovo – un vecchio racconto di fantascienza, uno dei tanti: si chiamava “L’inverno senza fine”, di John Christopher, lo stesso autore di “Morte dell’Erba”. Roba catastrofista. Nel racconto, una nuova glaciazione ricopriva l’emisfero boreale e gli europei, ridotti alla fame, emigravano in massa in Africa nelle ex-colonie, dove finivano a fare le domestiche e i camerieri. La fantascienza catastrofica prima o poi trova sempre il modo di avverarsi, ed ecco che un po’ la stessa cosa sta succedendo tra l’europeo Portogallo e l’arretratissima Angola. Secondo l’osservatorio per le migrazioni, sono già 100 mila i giovani portoghesi che hanno fatto le valigie, sono fuggiti dal loro Paese che affonda e si sono diretti a cercare lavoro in Africa nella ex-colonia.
Non ci crederete, ma gli stipendi sono superiori: un ingegnere, un giornalista, un consulente di finanza, a Luanda guadagnano il triplo che a bambina africana (Photopin)Lisbona e con vitto e alloggio pagati. D’altronde, avevamo già letto con stupore che la stessa cosa accade in Spagna, addirittura con i barconi di clandestini spagnoli che tentavano di sbarcare in Algeria alla chetichella, e citavamo ancora l’inevitabile Christopher. Non solo. Il petrolio fa miracoli, e quindi l’Angola con la suacrescita del 12% l’anno si sta comprando il Portogallo. Il ministro portoghese, anche lui in giro col cappello in mano per tentare di vendere i beni pubblici, ha trovato una sponda favorevole nei quattrini angolani.
In soli sette anni, gli investimenti angolani in Portogallo sono passati da 1,6 a ben 116 milioni di euro. Il 3,8 della capitalizzazione azionaria di Lisbona è in mani angolane, secondo “Rotocalco Africano”. Questa crisi, e soprattutto il folle modo in cui la si sta gestendo, cambierà la faccia all’Europa e al mondo. Ma non illudetevi: non esistono popoli poveri che diventeranno ricchi. Garantito è invece il contrario.
(dal blog “Crisis”)

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