Non c'era nessun baratro
La differenza di 2 punti percentuali sugli interessi da pagare sulle nuove emissioni di debito, che per l'anno in corso sarebbe stata di 3/400 miliardi, ci sarebbe costata 5 miliardi in più, oltre agli 80 annuali. Questo era il costo dello spread che fece gridare la stampa italiana al "Fate presto!" e legittimò la destituzione di un governo e l'avvento di quello dei banchieri. Per chi dice che 5 miliardi sono tanti, ricordo che il MES (Il fondo salva-stati di cui non avevamo alcun bisogno e che ha arricchito esclusivamente la Germania) ci è costato già 15 miliardi di anticipo e ci ha indebitati di almeno 125, e che il Fiscal Compact ci costerà 50 miliardi all'anno. E potremmo continuare, con i costi della politica di depressione economica del Governo Monti, che sono incalcolabili.
Berlusconi queste cose le dice adesso perché è entrato in campagna elettorale, ma questo non toglie che siano cose vere. Ma allora, se il baratro non c'era, perché ci hanno inflitto tutte queste sevizie finanziarie, questo regime di austerità, di ipertassazione e di rigore? E perché i media hanno accompagnato quello che ora è sempre più chiaro essersi trattato di un Golpe economico-finanziario, come lo chiamai quando andai a Matrix, mentre gli italiani se la facevano sotto e idolatravano il faraone Monti, che li avrebbe tirati fuori dalle sabbie mobili?
Berlusconi dovrebbe rispondere anche a questo. Si dimise perché non aveva una maggioranza, ma avrebbe dovuto denunciare subito quello che era accaduto, e soprattutto non avallare con l'appoggio parlamentare quello che, forse, si sarebbe potuto evitare.
Ecco che allora acquisicono un peso e un senso ancora maggiori le parole del senatore Garavaglia, pubblicate da questo blog qualche mese fa. Il ricatto fu a monte: la troika entrò in Parlamento e costrinse i parlamentari ad appoggiare la creazione di un nuovo Governo. Se non avessero accettato, non si sarebbe più trattato di un semplice aumento di spread, che come abbiamo visto non era determinante, ma dell'affossamento dell'intero servizio del debito. Avrebbero cioè smesso di comprare i titoli di Stato e lo Stato non avrebbe più potuto finanziarsi, essendo legato a una moneta che non controlla.
La domanda allora diventa: chi ha un potere così grande da boicottare il collocamento delle nuove emissioni di titoli di Stato, giacché in teoria dovrebbero essere disponibili al libero mercato? La risposta, per una volta, è semplice. Lo Stato non vende a privati, ma ha una lista di specialisti autorizzati: super-banche in grado di collocare miliardi e miliardi di titoli al settore privato e ai circuiti finanziari. Chi sono questi specialisti? Anche a questo possiamo rispondere: ve li avevo mostrati il 20 aprile 2012. Indovinate un po' chi campeggia in cima all'elenco? Barclays, Banca Imi, Unicredit, JP Morgan e Deutsche Bank. Sì, proprio quegli istituti che uno studio scientifico colloca tra le 50 super-banche che controllano tutto, ogni cosa. Ve ne avevo parlato a L'Ultima Parola. Deutsche Bank, in particolare, è stata all'origine della crisi del debito sovrano italiano, liquidando improvvisamente 7 miliardi di titoli, la cui vendita ha innescato la corsa pazza dello spread.
Deutsche Bank ha dunque suonato la carica dello speculazione, accendendo la miccia. E aveva anche un movente: lo studio "Guadagni, concorrenza e crescita", nel quale indicava la lista della spesa da fare in Italia, con le privatizzazioni. Inoltre, Deutsche Bank era (ma dovrei dire "è") tra i pochi che avevano la possibilità di ricattare materialmente lo Stato, chiudendo i rubinetti delle nostre emissioni, ostacolando il loro collocamento e causando il default del sistema Paese, essendo uno dei pochi grossi specialisti in titoli autorizzati dal Tesoro.
Quanti indizi fanno una prova?
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