Che Emma Bonino parli molto di Chiesa è noto, ovviamente sempre per attaccarla. Ma che adesso si improvvisi anche teologa è davvero una novità. Lo ha fatto qualche giorno fa sul giornale online Il Post, all’interno di un articolo che, tanto per cambiare, aveva a tema i presunti privilegi fiscali della Chiesa.
Secondo la Bonino quella radicale non è una battaglia da nemici della Chiesa, anzi veramente “anticristiano” è solo “l’uso del denaro a fini del potere. Quel potere che rende meno libera la stessa comunità religiosa rispetto alla sua reale vocazione. Se questo significa essere nemici della Chiesa, allora lo era anche San Francesco. Non a caso nessun Papa ha mai scelto di chiamarsi con il suo nome”.
Ecco, la Bonino pretende di insegnare il Vangelo al Papa e si considera anche esperta di Storia della Chiesa, lasciando intendere che nessun Papa abbia scelto il nome Francesco per indifferenza se non ostilità nei confronti del Serafico. Una sciocchezza che non merita nemmeno la smentita. Basterebbe ricordare che la tradizione vuole il nome pontificale scelto fra quelli dei primi successori di Pietro; tant’è vero che, secondo l’Arcivescovo di Cracovia Macharski, Wojtyla avrebbe voluto chiamarsi Stanislao I in omaggio al santo protettore della Polonia, ma i cardinali suggerirono di non infrangere la consuetudine. Inoltre sarebbe bizzarro accusare la Chiesa di scarsa simpatia nei confronti della filosofia tomista perché manca un papa Tommaso o di dubbi sulla distinzione fra Gerusalemme terrestre e celeste perché manca un papa Agostino.
Ma più irritante ancora è la falsa immagine di San Francesco, come al solito presentato come un pauperista nemico dei beni temporali della Chiesa, un ribelle all’autorità ecclesiastica, quasi uno scismatico mancato.
È noto che al poverello d’Assisi siano state appiccicate molte etichette, che in tanti lo tirano per il saio. Lo hanno trasformato in un pacifista (invece partecipò alla quinta crociata), in un ecumenista filo-islamico (invece cercò di convertire i musulmani e il sultano d’Egitto), in un ecologista (mentre lodava la Creazione per meglio lodare il Creatore e non idolatrava certo la pagana Madre Terra). Però la macchietta del San Francesco polemico con le ricchezze più o meno nascoste nei sotterranei del Vaticano è quella che ottiene sempre maggior successo. Per anni è stata un cavallo di battaglia dei comunisti e ci stupiamo un poco che venga riesumato da una convinta liberista come la Bonino.
E allora chiariamo le cose, ancora una volta. Francesco sposò la povertà per sé e per l’ordine da lui fondato non per criticare i beni temporali di Roma e dare vita ad una anti-Chiesa ma per abbandonarsi totalmente alla Provvidenza, per fuggire ogni sicurezza mondana, ogni desiderio materiale. Non chiese mai che tutta la cristianità seguisse il suo esempio, sapeva che la specificità del suo ordine rientrava in un superiore equilibrio in cui ogni espressione della fede in Cristo, nel rispetto dei dogmi, è legittima. È una cosa difficile da far entrare in testa agli anticlericali, ma il cattolicesimo non è un’ideologia, bensì una realtà viva e grande al punto da potersi contraddire al suo interno: c’è posto per le sobrie cappelle romaniche dai muri grigi come per il fasto degli appartamenti Borgia e delle cattedrali barocche. Se la povertà simboleggia l’umile nascita di Gesù in una stalla, gli ori richiamano la sua gloriosa resurrezione e lo splendore del paradiso celeste.
San Francesco non ebbe la pretesa di sostituirsi al papa, di essere più cristiano di lui, anzi esercitò sempre la più decisa obbedienza alle decisioni del trono di Pietro.
Sfidiamo la Bonino e con lei tutti i radicali e tutti i cattocomunisti: trovino negli scritti francescani, nelle due Legende, nelle regole da lui dettate, nei Fioretti almeno una citazione per sostenere l’immagine del Francesco ribelle a Roma. Si mettano a leggere, avranno solo da imparare.
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