Come spiegare l'odio per la Messa Tridentina e l'ossequio per le liturgie orientali?
Ricevo e pubblico, per condividere, queste interessanti riflessioni, con le quali sono in perfetta sintonia. Ho aggiunto una chiosa finale.
di Michel Upmann
Mi è capitato più di una volta di chiedermi come mai, gli ecclesiastici e i liturgisti "conciliarmente corretti", a fronte del proprio astio, per non dire odio, nei confronti della S. Messa Tridentina, si mostrino invece assolutamente ossequiosi e rispettosissimi verso le liturgie orientali, cattoliche od ortodosse, a loro poco importa.
Non ho infatti mai letto un articolo o un libro nel quale si denunci il fatto che esse sono celebrate in una lingua morta come il greco antico o lo slavonico, dove si critichi il "rubricismo" o la ridondanza del rito, la mancanza di "actuosa partecipatio" da parte dei laici, la scarsa "creatività" del celebrante.
Si sa, l'ecumenismo impone le sue dure leggi: grande rispetto verso la cena Protestante così come per la Messa di S. Basilio. Peccato che siano l'una completamente l'opposto dell'altra.
Nei confronti dei "fratelli separati" è assolutamente indispensabile mostrare attenzione e magari simulare una venerazione nei confronti di ritualità completamente avulse dallo spirito liturgico post-conciliare. Si, dico simulare, perchè non posso pensare che uno dei nostri teologi d'assalto come Gianfranco Ravasi o Bruno Forte, possano sinceramente apprezzare la consacrazione nascosta dietro l'iconostasi e poi, il giorno dopo, osannare l'altare verso il popolo o la celebrazione da parte dell'assemblea presieduta dal "ministro ordinato".
In tutto ciò c'è ipocrisia o semplicemente sensibilità diplomatica? Non riesco a capire. Un fatto comunque appare certo. Sulla questione della S. Messa di sempre è in corso uno scontro che trascende le semplici argomentazioni teologiche. Se così non fosse perchè non si applica ad essa la medesima benevolenza intellettuale ostentata nei confronti dei riti orientali?
C'è dunque dell'altro e credo proprio che ciò abbia a che fare con la dimensione universale della Messa antica, con l'ecclesiologia che essa sottende. Le liturgie orientali sono tollerate, nonostante il loro fissismo e la ieraticità che emanano, perchè comunque fanno riferimento a piccole chiese mummificate o a residue porzioni di Chiesa Cattolica sparse in "partibus infidelium".
Nessuna di loro si pone in posizione di superiorità rispetto agli Stati civili o cerca di contrastare gli orientamenti mondani sul piano globale. Esse non sono in grado, o non vogliono, disturbare i manovratori, siano essi governi islamici o comunisti, imperatori bizantini o sultani turchi.
Se Pietro invece recuperasse appieno la propria Autorità e la Chiesa Romana la sua dimensione verticale e gerarchica, il pericolo, per la società contemporanea secolarizzata, assumerebbe ben altra portata.
La S. Messa Tridentina esprime in modo perfetto la trascendenza, l'universalità e la verticalità del rapporto fra l'uomo e Dio. Per questo penso che non possa trovare nè rispetto, nè tolleranza da quegli uomini, anche ecclesiastici, che idolatrano la modernità e i "valori" espressi dalla rivoluzione francese.
Marco BONGIEstraggo un brano dalla Conferenza del card. Joseph Ratzinger in occasione delle Journées Liturgiques de Fontgombault del 22-24 luglio 2001, Autour de la question liturgique, che mi ha colpita fin da allora e mi è tornato la mente leggendo l'articolo di Marco Bongi, cui aggiungo una piccola chiosa.
La relazione, dotta e professorale, è ricca di spunti e suggestioni e conduce alla sottolineatura del "mistero pasquale", tema ricorrente anche nelle omelie e discorsi più recenti, quasi come se prima del Concilio, esso non fosse stato ben compreso. Il testo integrale è consultabile qui perché, per correttezza, ritengo che quel che esporrò debba esser letto nel suo contesto, consapevole che particolarmente le affermazioni di Papa Ratzinger non si prestano mai ad essere sezionate, perché in genere sviluppano discorsi complessi che si rifanno a 'visuali' le più disparate e vanno lette nella loro articolazione sapiente. E tuttavia il brano in questione fa un'affermazione specifica e precisa ed è su questa che mi soffermo.
"Trento non si ingannò, si appoggiò sul solido fondamento della Tradizione della Chiesa. Rimane un criterio affidabile. Ma noi possiamo e dobbiamo comprenderlo in un modo più profondo, attingendo alle ricchezze della testimonianza biblica e della fede della Chiesa di tutti i tempi. Vi sono autentici segni di speranza di questa comprensione rinnovata e approfondita di Trento possa, in particolare tramite la mediazione delle Chiese di Oriente, essere resa accessibile ai cristiani protestanti."
Trento rimane "un" criterio affidabile? Mentre ci preoccupiamo di rendere accessibile la comprensione rinnovata e approfondita ai cristiani protestanti, che ne facciamo di quelli cattolici che hanno perso ogni tipo di comprensione? E perché ci deve essere bisogno della mediazione delle Chiese di Oriente? Quella Latina non aveva - anzi ha - una sua valida espressione liturgica? Il rito usus antiquior non è già una forma sublime di ricchezze di testimonianza biblica e della fede della Chiesa di tutti i tempi in esso confluita? A quali tempi dobbiamo attingere se è solo da 40 anni che tutto è stato stravolto?
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