REGNO PACE CRISTO NON SI COSTRUISCE CON GUERRA E POTERE
CITTA' DEL VATICANO, 26 OTT. 2011 (VIS). A causa del maltempo il Santo Padre ha tenuto nell'Aula Paolo VI, invece che in Piazza San Pietro, la Celebrazione della Parola che ha sostituito l'Udienza Generale del Mercoledì, per la "Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo" in programma domani ad Assisi. Prima della Celebrazione della Parola, il Papa ha salutato nella Basilica Vaticana i fedeli che non avevano trovato posto nell'Aula Paolo VI.
Dopo il saluto del Cardinale Agostino Vallini, Vicario del Papa per la Diocesi di Roma e le letture della Bibbia, il Santo Padre ha tenuto l'omelia.
"Come cristiani, siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera - ha detto Benedetto XVI. - Per questo motivo ci ritroviamo oggi, come Chiesa di Roma, insieme ai pellegrini presenti nell'Urbe, nell'ascolto della Parola di Dio, per invocare con fede il dono della pace".
Successivamente il Papa ha citato un brano del profeta Zaccaria in cui Dio promette la salvezza che giungerà con un re. "Ma quello che viene annunciato non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi; non è un re che domina con il potere politico e militare; è un re mansueto, che regna con l'umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini, un re diverso rispetto ai grandi sovrani del mondo".
"L'annuncio del profeta Zaccaria (...) tornò alla mente dei discepoli di Gesù (...) dopo gli eventi della passione, morte e risurrezione, (...) quando riandarono con gli occhi della fede a quel gioioso ingresso del maestro nella Città Santa. Egli cavalca un'asina, presa in prestito: (...) non è a cavallo come i grandi. Non entra in Gerusalemme accompagnato da un potente esercito di carri e di cavalieri. Egli è un re povero, il re di coloro che sono i poveri di Dio (...) di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l'avidità, l'egoismo che c'è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza. (...) È un re che farà sparire i carri e i cavalli da battaglia, che spezzerà gli archi da guerra; un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini. La Croce è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, (...) segno che l'amore è più forte di ogni violenza e di ogni oppressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l'amore".
"Il regno che Cristo inaugura ha dimensioni universali. L'orizzonte di questo re povero, mite non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo; al di là di ogni barriera di razza, di lingua, di cultura, Egli crea comunione, crea unità. E dove vediamo realizzarsi nell'oggi questo annuncio? Nella grande rete delle comunità eucaristiche che si estende su tutta la terra riemerge luminosa la profezia di Zaccaria. (...) Dappertutto, in ogni realtà, in ogni cultura, (...) Egli viene, si rende presente; e nell'entrare in comunione con Lui anche gli uomini sono uniti tra di loro in un unico corpo, superando divisioni, rivalità, rancori. Il Signore viene nell'Eucaristia per toglierci dal nostro individualismo, dai nostri particolarismi che escludono gli altri, per formare di noi un solo corpo, un solo regno di pace in un mondo diviso".
"Ma come possiamo costruire questo regno di pace di cui Cristo è il re? (...) Come Gesù, i messaggeri di pace del suo regno devono mettersi in cammino (...). Devono andare, ma non con la potenza della guerra o con la forza del potere. (...) Non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l'amore portato all'estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria".
Nel descrivere le due statue degli Apostoli Pietro e Paolo collocate davanti alla facciata della Basilica di San Pietro, facilmente riconoscibili poiché San Pietro tiene in mano le chiavi e San Paolo la spada, il Papa ha spiegato che "la spada che tiene tra le mani è lo strumento con cui Paolo venne messo a morte, con cui subì il martirio e sparse il suo sangue". San Paolo "dedicò la sua vita a portare il messaggio di riconciliazione e di pace del Vangelo, spendendo ogni energia per farlo risuonare fino ai confini della terra. E questa è stata la sua forza: non ha cercato una vita tranquilla, (...) lontana dalle difficoltà, dalle contrarietà, ma si è consumato per il Vangelo, ha dato tutto se stesso senza riserve, e così è diventato il grande messaggero della pace e della riconciliazione di Cristo. La spada che San Paolo tiene nelle mani richiama anche la potenza della verità, che spesso può ferire, può far male; l'Apostolo è rimasto fedele fino in fondo a questa verità (...) ha consegnato la sua vita per essa. Questa stessa logica vale anche per noi, se vogliamo essere portatori del regno di pace annunciato dal profeta Zaccaria e realizzato da Cristo: dobbiamo essere disposti a pagare di persona, a soffrire in prima persona l'incomprensione, il rifiuto, la persecuzione. Non è la spada del conquistatore che costruisce la pace, ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita".
"Cari fratelli e sorelle, come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre, vogliamo chiedergli che l'incontro di domani ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l'odio all'amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace".
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