lunedì 5 novembre 2012

Inventori di malattie: per vendere farmaci a persone sane


Inventori di malattie: per vendere farmaci a persone sane



«Il nostro sogno è inventare farmaci per gente sana»: la frase, attribuita ad Henry Gadsen, direttore generale della multinazionale farmaceutica Merck, riassume la filosofia del “Disease mongering”, ovvero: la scienza (mostruosa) degli “inventori di malattie” che creano patologie a tavolino per poi vendere più farmaci. L’argomento, delicatissimo, è stato affrontato il 9 ottobre a Genova, a poche settimane dalla storica sentenza di patteggiamento siglata dalla multinazionale farmaceutica Pfitzer. L’azienda sborserà 2,3 miliardi di dollari: la sanzione punisce la spregiudicatezza degli informatori scientifici e la corruzione dei medici al fine di aumentare le prescrizioni.
Se n’è parlato al forum genovese promosso dalla rivista “Diagnosi & Terapia” e dall’associazione “Giù le mani dai bambini”, con il Comune di Genova e con il disease-mongering-2patrocinio di Provincia, Regione Liguria e Ordine dei Medici. Introdotti da una sintesi del recente documentario di RaiTre “Inventori di malattie”, i relatori hanno esaminato la pratica del “disease mongering”, la raffinata tecnica di marketing che prevede l’invenzione a tavolino di malattie al fine di vendere “blockbuster” farmaceutici come il Ritalin, il Prozac, il Tamiflu ed altre molecole sempre più presenti negli armadietti dei medicinali di ogni famiglia della penisola, che è – per numeri assoluti – il quintomercato farmaceutico al mondo.
Bambini troppo agitati e distratti? E’ la sindrome Adhd. Che secondo Stefano Scoglio, esperto nutrizionista e ricercatore, «è una case history di marketing su cui dobbiamo interrogarci, come denuncia il documentario di RaiTre», visto l’abuso di psicofarmaci a cui si ricorre sistematicamente. «Siamo ad oltre 20 milioni di ricette di metanfetamine all’anno, con un giro di affari da miliardi di dollari». Per Scoglio esistono prodotti di origine naturale, di comprovata efficacia e con bassissimi profili di rischio. «Ma dato che non sono brevettabili e quindi non si può ‘proteggere’ l’investimento, nessuno fa ricerca su queste molecole, penalizzando i piccoli pazienti: perché allora non ci pensa il ministero della salute?».
Per l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ora presidente della fondazione “Università Verde”, il ruolo di controllo delle associazioni rappresentative della società civile è riconosciuto e accettato dalle istituzioni pubbliche di molti paesi del mondo, tranne in Italia, dove è ancora visto con diffidenza». Le ‘lobby bianche’ devono mettersi in rete e fare fronte comune: «Le multinazionali del farmaco hanno strutture di pr e marketing efficientissime e sono presenti costantemente nei corridoi delle istituzioni che contano. Chi ambisce a disease-mongering-1contrastare queste pratiche dibusiness troppo aggressive deve imparare ad organizzarsi».
«Questi prodotti salvano vite ed hanno allungato le aspettative di esistenza dell’uomo nell’ultimo secolo», ammette Enrico Nonnis, di “Psichiatria Democratica”, ma parlare oggi di marketing farmaceutico invadente è come scoprire l’acqua calda. «E’ mai possibile che solamente il sollevare questi argomenti eticamente sensibili susciti reazioni forti e contrarie?».
Per non parlare del “Disordine disforico da deficit ansiogeno da consunzione di attenzione sociale”: «Una finta malattia, con tanto di farmaco fittizio per curarla e sito internet per promozionarla», inventata provocatoriamente da un suo collega medico. «La verità – aggiunge Nonnis – è che noi medici siamo così bombardati di informazioni che a volte non possiamo più distinguere tra quello che è marketing e quello che è vera scienza».
«La salute è un’industria, fa gola a molti, e la pressione delle aziende farmaceutiche è certamente forte», riconosce Alberto Ferrando, pediatra e vicepresidente dell’Ordine dei Medici. «Ogni approccio terapeutico dev’essere diverso dall’altro. Ora le sirene dell’industria cercano di rivolgersi  non solo più al medico, ma direttamente ai malati. Il “disease mongering” esiste, eccome, e a volte noi medici neppure conosciamo questi meccanismi: ai colleghi più giovani disease-mongering-3ricordo che non esiste solo la scienza medica, c’è anche una scienza del marketing».
Il sistema è «inquinato» alla base, avverte Federico Mereta, medico e giornalista. «Invece di intervenire per curare, pare che a volte l’obiettivo sia quello di creare surrettiziamente malessere, al fine di proporre poi soluzioni pronte per risolverlo, possibilmente che rendano molto denaro». Emilia Costa, docente di psichiatria alla Sapienza diRoma, la chiama «complessa ed articolata strategia per il condizionamento del mercato della salute». La professoressa la definisce «un’ipnosi dolce, che mira a convincere gli individui circa l’utilità incondizionata del farmaco. Non è più il dottore che cura il paziente, ma il farmaco: noi medici siamo diventati esclusivamente distributori di ricette?».
Distributori, in molti casi, “complici” dell’industria farmaceutica. «Tre quarti dei colleghi che hanno redatto il Dsm (il catalogo diagnostico delle malattie mentali), hanno rapporti finanziari con le case farmaceutiche», accusa Paolo Roberti di Sarsina, dirigente di psichiatria ed esperto del Consiglio Superiore di Sanità. Non è tutto: «Più del 90% della ricerca scientifica è finanziato dall’industria, e oltre la metà del budget dell’Agenzia Europea del Farmaco è garantito dai produttori». Quello che il sanitario auspica è «una pandemia, certo: ma di consapevolezza».
Il problema non sono le industrie, che spingono alla follia sulle leve del marketing per svuotare i magazzini di vaccini contro l’influenza A: il problema sono gli Stati che ne acquistano decine di milioni di dosi, accusa Franco De Luca, medico e autore del libro “Bambini e (troppe) medicine” (Il Leone Verde edizioni). «Cosa possiamo fare noi medici? Dare segnali chiari: rinunciare ad omaggi e regalie, privilegiare corsi di formazione non sponsorizzati dalle industrie, dichiarare sempre – se esistono – i legami finanziari con i produttori, richiedere a gran voce la pubblicazione delle ricerche scientifiche sui farmaci».
Luca Poma, giornalista e portavoce di “Giù le Mani dai Bambini”, è divenuto famoso per la battaglia contro l’abuso di psicofarmaci sui piccoli pazienti. «Un recente rapporto di Business Insights, una delle più note riviste destinate ai dirigenti del settore pharma – afferma Poma – dice che la capacità di “creare mercati per nuove malattie si traduce in vendite” e che “una delle migliori strategie consiste nel cambiare il modo in cui la gente percepisce i propri disturbi”». Vie d’uscita? Agire sui pazienti, informarli, metterli in guardia. Perché «gli anni futuri saranno i testimoni privilegiati della creazione di malattie patrocinate dalle industrie» (info:portavoce@giulemanidaibambini.org).

Nessun commento:

Posta un commento